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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2014 alle ore 06:41.

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Tra i fattori di sviluppo messi a fuoco dal presidente del Consiglio la cultura ha avuto giustamente un posto di primo piano. Ma non solo come elemento semplicemente economico e quindi come pur importante supporto alla promozione del turismo, ma anche come valore per migliorare la qualità della vita e dare valore alla convivenza sociale. Anche per questo mi preoccupa il fatto che Renzi abbia auspicato un maggior coinvolgimento dei privati nella gestione dei beni culturali: se la cultura è un bene collettivo deve essere gestita da strutture pubbliche.
Adamo Felice
Napoli
Gentile lettore, proprio in ambito culturale ci sono decine di casi che dimostrano come la passione, l'entusiasmo e l'impegno dei privati abbiano contribuito e continuino a contribuire alla salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio storico e culturale italiano. Potrei citare gli esempi del Touring Club Italiano, che festeggia i 120 anni di impegno per la cultura e il patrimonio artistico, e del Fai, il Fondo ambiente italiano, a cui si devono il recupero e l'apertura al pubblico di decine di palazzi, castelli, dimore e monumenti storici. Tra l'altro tra pochi giorni, il 22 e 23 marzo, si svolgeranno le ormai tradizionali giornate di primavera del Fai con l'apertura straordinaria, grazie all'impegno dei volontari, di 750 tesori, molti dei quali normalmente chiusi al pubblico. Ma tornando alla sua affermazione, e al di là di anacronistici giudizi ideologici, l'impegno dei privati è importante non solo perché può permettere interventi e finanziamenti che, nelle attuali difficili condizioni di finanza pubblica, lo Stato non potrebbe garantire, ma anche perché può costituire un forte elemento di promozione di una delle risorse fondamentali della società italiana: la creatività.
Come sottolinea Walter Santagata nel libro Il governo della cultura (Ed. Il Mulino, 180 pagine, 15 euro) "la cultura è per la qualità della vita e identifica al tempo stesso una società più libera dal bisogno economico e più aperta ai valori della solidarietà, della crescita dei beni comuni, dello sviluppo nella cooperazione e nella fiducia. (…) Le industrie creative con la loro forte componente di proprietà intellettuale e di idee sono uno dei pilastri di questo modello e il loro successo globale fa ben sperare in un cambiamento radicale nel rapporto tra cultura e sviluppo economico".
In questa prospettiva la cultura non è solo gestione di monumenti, musei, siti archeologici o luoghi di culto per i quali peraltro un sostegno dei privati (ovviamente controllato e garantito) appare costruttivamente positivo. Ma cultura è anche un modello di società in cui ci sia rispetto per le persone e per i valori di tutti e di ciascuno, una società fondata più sull'antica buona educazione che sulla nuova ambiziosa e fastidiosa trasgressione. Per questo una buona cultura richiede e sollecita l'impegno di tutti. Per questo la cultura è uno dei più importanti motori di uno sviluppo economico di cui l'Italia ha grande bisogno e grandi opportunità, uno sviluppo basato su quella che potremmo chiamare "un'innovazione a misura d'uomo".
gianfranco.fabi@ilsole24ore.com
La cura shock per il Paese
In meno di un anno centomila imprese hanno chiuso. I fallimenti aumentano di anno in anno e la disoccupazione ha raggiunto record storici. Il nuovo governo parla di "terapia shock" per evitare che la crisi diventi irreversibile. Fra i provvedimenti che il governo si appresta ad adottare vi è il rimborso totale dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. A livello europeo l' Italia è maglia nera. Molte piccole e medie imprese rischiano la "morte per crediti". Va ricordato che i governi precedenti hanno varato provvedimenti con l' obiettivo di ridurre il forte arretrato nei pagamenti a favore di aziende che hanno fornito beni o servizi alle pubbliche amministrazioni. Però è sconcertante che non tutte le normative possano essere nella pratica realmente applicate. Spesso per la loro concreta applicazione devono ancora essere emanati i decreti attuativi. La percentuale di attuazione delle riforme varate dagli ultimi due Governi - come riporta Il Sole 24 Ore - è al 40 per cento. Ogni commento appare superfluo.
Lettera firmata



L'impegno dei privati per salvaguardare il patrimonio culturale

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