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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2014 alle ore 07:35.
L'ultima modifica è del 04 giugno 2014 alle ore 08:04.
Il futuro dell'Europa sta tutto in queste sue radici, quella legata alla grande civiltà greco-romana, in particolare al "corpus" del diritto di Roma, e quella fondata nella matrice ebraico-cristiana, con l'apporto preponderante su ogni altro dell'idea della dignità dell'essere personale e della sua vocazione solidaristica. L'oblio di queste sorgenti porterà inevitabilmente allo smarrimento delle motivazioni che possono fare di popoli dalle storie e dalle culture pur così varie una grande casa comune.
La riproposizione convinta di esse è la sfida su cui dovranno confrontarsi i costruttori della nuova Europa. All'accoglienza feconda di questa sfida i credenti in Cristo non potranno non contribuire e lo faranno tanto più - come sosteneva il grande pensatore gesuita tedesco Erich Przywara nella sua breve e densa opera su L'idea d'Europa - quanto più sapranno "uscire dalla propria terra e dalla propria parentela, sempre di nuovo" (122) per andare in cerca del povero e del diverso a invitarlo alla propria mensa come amico.
L'Europa dei popoli sarà la casa comune di tutti se saprà essere la comunità delle persone, rispettate e promosse nell'infinita dignità di ciascuna, in ogni fase della sua esistenza, in ogni espressione della sua creatività, umana e religiosa.
Bruno Forte è arcivescovo di Chieti-Vasto
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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