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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2014 alle ore 07:39.
L'ultima modifica è del 02 settembre 2014 alle ore 11:15.

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In molti casi, tuttavia, il divario retributivo è originato dai profondi cambiamenti dell'economia e della gestione aziendale. E il fenomeno è destinato a crescere:
1. la tecnologia ha reso più semplici molte mansioni, sia nel manifatturiero che nei servizi, trasformando in commodity quelle che in passato erano funzioni di medio livello;
2. l'aumento della complessità (e dei rischi) nella gestione di grandi organizzazioni ha reso molto più difficile il mestiere del capo-azienda e più richieste dal mercato le sue qualità;
3. la globalizzazione contribuisce alla polarizzazione delle retribuzioni, perché consente di offrire il proprio talento a un mercato molto più ampio e ricco di prima.
Questi trend sono evidenti da tempo negli Stati Uniti, ma sono in crescita anche in Italia. Lavorare in una filiale di banca è oggi molto più semplice rispetto al passato, quando le retribuzioni rispecchiavano le competenze del cassiere, del responsabile mutui, del direttore. Oggi gran parte delle operazioni avviene on line, le decisioni sui mutui sono centralizzate, i responsabili di filiale sono poco più che dei "facilitatori". In aeroporti e stazioni, tecnologia e crisi economica hanno quasi eliminato i servizi di biglietteria, prenotazione, accettazione, check-in, svolti direttamente dai viaggiatori.

Anche nell'industria manifatturiera, pur a fronte di produzioni più complesse, le mansioni sono generalmente più semplici, e quasi tutti possono svolgerle. Un tempo costituivano veri e propri mestieri e professioni, appannaggio della classe media: le competenze necessarie sono minori, le retribuzioni appiattite verso il basso.
Al vertice della piramide aziendale, invece, gestire la banca, la compagnia aerea, la grande impresa manifatturiera è molto più difficile che in passato. La competizione è più elevata, i mercati globali, i cambiamenti tecnologici rapidissimi, i consumatori più sofisticati, le variabili da considerare più numerose, i tempi per decidere più brevi, il rischio di commettere un errore fatale all'impresa è superiore. Quante persone al mondo possiedono le competenze per gestire con successo istituzioni finanziarie come Citibank e Allianz, giganti dell'auto come General Motors e Volkswagen, conglomerati come General Electric e Siemens, società di internet globali come Google e Facebook? Non molte, senza dubbio. Quanto valgono? Moltissimo. È normale ed è giusto, se si crede nell'economia di mercato, che siano pagate in modo adeguato. Non farlo significherebbe per l'impresa perdere competitività, e per gli azionisti perdere profitti.

L'economia aziendale offre molti strumenti per rendere significativo il legame fra retribuzione, merito e performance. La strada dei tetti salariali - forse utile per placare la rabbia dei cittadini-elettori - non è uno di questi.
L'autore è Senior Research Fellow alla Harvard Kennedy School of Government

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