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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2014 alle ore 07:15.
L'ultima modifica è del 09 settembre 2014 alle ore 11:09.

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Ma non era affatto così. Vittorio Visini, tecnico federale della marcia dal 2000 al 2012, ha ammesso che la Fidal aveva appreso di contatti tra Schwazer e Ferrari già nella primavera del 2010, dopo un raduno a Teide, nelle Isole Canarie: «Io ho riferito a Fischetto, al Direttore tecnico Uguagliati e a Rita Bottiglieri che Ferrari era presente e che (a Teide) il dottore e il marciatore si erano parlati». Contattato da Il Sole 24 Ore, il Dottor Fischetto ha negato di aver mai saputo che il marciatore si fosse incontrato con Ferrari a Teide: «A me questo non risulta... altrimenti mi domanderei come mai gli altri non lo hanno denunciato?».

Se lo sono domandati anche gli inquirenti. Ed ecco come ha risposto Visini: «Ritengo di aver fatto il mio dovere e di aver sufficientemente allertato chi si sarebbe dovuto attivare». Il dirigente Fidal ritiene di aver fatto il proprio dovere anche l'anno successivo, quando Schwazer chiese nuovamente alla Federazione di pagargli un viaggio/training a Teide nonostante fosse una destinazione fino al 2010 mai scelta e lui non ritenne ci fosse alcun problema. «Il fatto che nel 2010 avessero avuto luogo degli incontri tra Schwazer e Ferrari non voleva dire che anche per il 2011 fosse stata scelta quella location per rinnovare le sedute con Ferrari», ha spiegato.
A Il Sole 24 Ore Rita Bottiglieri ha dichiarato di non avere «nessuna intenzione di rilasciare dichiarazioni», ma anche lei ha dichiarato di aver «sempre rispettato le regole».
Resta il fatto che nel rispetto del proprio dovere e delle regole, nessuno ha fatto nulla. Non lo sostiene solo la procura, ma lo stesso direttore tecnico della Fidal Uguagliati, che nella sua deposizione sugli incontri tra Schwazer e Ferrari a Teide dice: «La comune conoscenza di questo fatto (...) ci portò a discuterne insieme. Sulla scorta di queste discussioni io non ho preso provvedimenti. Non mi risulta che nessuno ne abbia presi. Semplicemente, decidemmo di non fare nulla».

Per la procura quello è «il punto di non ritorno, quello cioè oltre il quale più nessuno in Federazione, nel suo entourage e nella sua società di appartenenza può ignorare il grave rischio doping che grava sull'atleta».
Ma torniamo ai medici federali: Fischetto non era l'unico ad avere avuto motivo di pensare che Schwazer si dopasse. Anche Pierluigi Fiorella, responsabile sanitario di fondo e marcia, aveva tutti gli elementi per sospettarlo. «Io ho ripetutamente detto a Fiorella, a Visini e agli altri tecnici della nazionale di marcia che a mio giudizio Alex si dopava. Ma mi invitarono sempre a "non pensar male" e soprattutto a farmi i fatti miei», rivela a Il Sole 24 Ore Ivano Brugnetti, medaglia d'oro nella 20 km ad Atene.

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