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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2014 alle ore 07:00.
L'ultima modifica è del 16 settembre 2014 alle ore 07:19.

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Sentimenti nazionalisti e spesso anche anti-semiti, pulsioni più o meno violentemente anti-Europa e anti-immigrati, non importa se Ue o no, crescono incontrando dovunque partiti vecchi e nuovi ansiosi di interpretarli. Certo, non sono (ancora?) al potere ma sono sempre più in grado, in parlamento o fuori, di condizionarlo. Con inevitabili ripercussioni anche sulle politiche europee dei Governi.
L'Italia di Matteo Renzi pretende solidarietà e assistenza collettiva per gestire e redistribuire l'onere dei flussi migratori che si riversano sulle sue coste. Al di là delle frasi di maniera più o meno ambigue che incassa da Bruxelles e dintorni, è davvero credibile che possa ottenerla da un Nordeuropa che già ospita con crescente insofferenza gli immigrati che ha e comincia a mettere alla porta anche i cittadini Ue residenti con la scusa che sarebbero i turisti del welfare altrui? L'anno scorso non un paese scandinavo ma il Belgio con un premier socialista di origine italiana ha espulso quasi 3.000 residenti Ue colpevoli di presunto abusivismo.

In cambio delle riforme e a sostegno della crescita che langue nell'Ue, Renzi pretende anche di vedere, e lo dice forte e chiaro, il programma europeo di investimenti da 300 miliardi in tre anni. Si può credere che in questa Europa agli annunci seguano i fatti? Se prima degli ultimi voti, la possibilità era esigua, ora appare esangue. Del resto i segnali lanciati da Berlino e Bruxelles sono scoraggianti: niente o quasi denaro fresco, risorse da reperire scavando nel fondo del barile delle risorse attuali, meglio se riciclando i fondi strutturali già allocati, anzi condizionandone l'erogazione a progetti specifici approvati in sede Ue, sorvegliati nell'iter di realizzazione e sempre che si facciano davvero le riforme.
Naturalmente non è detto che alla fine sarà proprio questo lo schema finale del piano. Quasi certamente i negoziati a 28 ne limeranno qualche asperità. Ma questa è l'aria che tira oggi in Europa e domani potrebbe essere ancora peggiore se non cambierà il mood che ne muove i più segreti precordi.
Pessime notizie per l'Italia e per tutta l'Europa: l'euro richiede più coesione ma purtroppo si respira con troppa insistenza voglia di steccati e di disunione. La globalizzazione impone integrazione: ogni Stato Ue, anche la Germania, è troppo piccolo di fronte a Cina o India o Brasile. Invece sempre più la partnership europea è avvertita come una costosa e inutile zavorra da scaricare senza rimpianti. Clamoroso errore di valutazione. Peccato però che nelle urne a soffrire siano i partiti europeisti. Non i loro agguerriti antagonisti.

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