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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2014 alle ore 07:01.
L'ultima modifica è del 11 dicembre 2014 alle ore 16:12.

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Syriza chiederà alla troika di ridurre le politiche di austerità, di convocare una conferenza europea per ristrutturare il debito pubblico greco del 70-80% del suo valore. Un pericoloso precedente che avrebbe ripercussioni in Spagna, Italia e Francia perché il taglio del debito è un evento finora sempre evitato ed espressamente vietato dai Trattati. Se Tsipras non ottenesse nulla, nemmeno sul fronte del congelamento del pagamento degli interessi del debito pari a 7 miliardi di euro all'anno, allora potrebbe decidere di uscire dall'euro anche se il leader di Syriza dice sempre di non volerlo fare. Anzi Tsipras ricorda che nel 1952 fu proprio la Germania a ottenere dagli Alleati uno sconto sul debito che gli consentì di ripartire e dare inizio al cosiddetto “Miracolo economico” tedesco del dopoguerra.
La sfida di Syriza alle politiche di austerità potrebbe coinvolgere tutti i Paesi euro con alto debito, in primo luogo l'Italia, e i Paesi in deficit di competitività, come la Spagna e la Francia, che in molti indicano come il prossimo “malato d'Europa” sul fronte dei ritardi delle riforme strutturali.

La partita greca si gioca sul via libera tedesco a politiche espansive a livello europeo che non pesi sui bilanci nazionali, sul varo degli eurobond, sull'inizio di un politica fiscale comune sul quantitative easing della Bce. Ecco perché la vicenda greca interessa anche l'Italia: se Atene affonda si rischiano ripercussioni e l'Italia passerebbe al primo posto come maggiore debito pubblico nell'Eurozona. Se Atene la spunta, convincendo Bruxelles che una cura da cavallo fatta solo di austerità e sacrifici non è sostenibile all'infinito, allora si aprirebbero spazi di manovra e un po' di respiro anche per gli altri Paesi sotto esame fra cui il nostro. Non a caso ieri il vicepremier responsabile per l'economia e segretario del Pasok, Evangelos Venizelos, è volato a Berlino per incontrare il suo collega tedesco Wolfgang Schaeuble.
Ancora una volta Atene, come nel voto del 2012, avrà nelle sue mani il destino dell'Eurozona. E pensare che Andreas Papandreou, il leader del Pasok, quando vinse le elezioni negli Anni 80 aveva promesso di lasciare Atene fuori dall'Unione europea. Una volta vinte le elezioni cambiò idea e portò il paese nella Ue. Ora tocca ancora ad Atene decidere il suo destino e quello europeo.

I programmi di aiuti dell'Efsf/Esm sono molto rigidi e quindi anche politicamente difficili da digerire. Il numero uno dell'Esm, Klaus Regling, non si stanca di ripetere che ogni tranche di aiuti viene preceduta dalla verifica scrupolosa da parte della troika del rispetto delle condizioni sottoscritte dal Paese aiutato. È un controllo molto stringente: se qualche misura viene disattesa, la tranche di aiuti slitta. E questo si è verificato puntualmente con la Grecia. I mercati, però, non sono entrati ancora in questo grado di dettaglio: neanche ieri, nonostante il sell-off sulla Grecia amplificato dalla scarsissima liquidità (gli aiuti dall'Esm fanno sì che i titoli di Stato in scadenza non siano sostituiti con aste di nuovi titoli e questo rende molto sottile lo stock dei titoli in circolazione e drena la liquidità). I prezzi dei bond periferici sono saliti molto nel 2014 e verso fine anno nessuno ha voglia di rischiare i profitti. Si è venduta ieri la Grecia per incassare le plusvalenze oppure per evitare colpi di scena all'inizio del 2015, un'annata già molto carica di punti interrogativi. Il lieve movimento al ribasso dei prezzi dei BTp, tuttavia, ha dato ieri un segnale: che il rally non è impermeabile a qualsiasi evento.

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