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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2014 alle ore 08:24.
L'ultima modifica è del 13 dicembre 2014 alle ore 11:50.

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Dal 24 febbraio 2014 Pier Carlo Padoan è ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo RenziDal 24 febbraio 2014 Pier Carlo Padoan è ministro dell’Economia e delle Finanze del Governo Renzi

Pier Carlo Padoan: Questa è la storia tedesca che si sa e si sente tutti i giorni. Ma non è solo la storia tedesca, oggi è anche la storia portoghese, la storia dei paesi baltici, in parte la storia spagnola. La storia è che bisogna fare un'unione bancaria, bisogna avere delle regole fiscali e che per le politiche della crescita non bastano le politiche nazionali. Non a caso è stato citato il caso tedesco, perché i tedeschi hanno fatto una cosa molto importante e intelligente: hanno fatto le riforme nei tempi in cui c'era ancora crescita, cioè all'inizio degli anni 2000. E quello che la Germania si ritrova in termini di performance macroeconomica, sia in termini di bilancio che di crescita e di occupazione, anche se con un impatto decrescente, è il beneficio di quelle politiche. Il problema è che questa ricetta, in un ambiente macroeconomico molto deteriorato, e soprattutto in condizioni di paesi in crisi, ha un costo sociale elevatissimo. Quindi la domanda è: esiste solo questa alternativa alla crescita oppure si possono immaginare politiche comuni? Io non credo che si possa affermare che l'Europa economica sia solo fiscale, solo monetaria o solo bancaria. Io credo che ci sia una dimensione europea della politica della crescita, che va pensata; ci sono elementi che la possono favorire, come per esempio un vero mercato interno.
Ma ci sono squilibri anche nei paesi virtuosi. C'è un'agenda di riforme anche in Germania. Ci sono squilibri macroeconomici che - se corretti - potrebbero essere utili non solo per la Germania, ma anche per l'Europa. C'è qualcosa che manca nel modello economico europeo; pensare di colmare questo vuoto guardando esclusivamente ai modelli nazionali rischia di essere controproducente, perché non ci sarà sufficiente tempo, se il quadro non cambia per permettere alla gigantesca disoccupazione di essere riassorbita.

Eutopia: La Banca europea per gli investimenti dovrebbe avere un ruolo molto più attivo e diventare uno strumento a breve e medio termine?
Pier Carlo Padoan: La BEI ha sicuramente un ruolo molto importante da svolgere e glielo abbiamo chiesto. C'è una richiesta formale dell'Ecofin, sotto la presidenza italiana, alla BEI di intensificare il suo ruolo. Sta operando un gruppo di lavoro, che comprende la BEI, la Commissione europea e i paesi membri, che ha il compito precipuo di individuare misure e progetti per stimolare sia gli investimenti privati che gli investimenti pubblici e dare un contributo alla promessa dei 300 miliardi di investimenti fatta dal Presidente Juncker. Il fatto è che, e lo dico da economista, se c'è una funzione che è difficile da stimare in modo soddisfacente, quella è la funzione degli investimenti. Soprattutto in una fase di domanda stagnante e negativa, convincere le imprese private a investire è estremamente complesso. Se si decompone la performance macroeconomica in Europa, si nota che il suo andamento del tutto insufficiente è fortemente correlato agli investimenti. Dunque è chiaro che gli investimenti, sia privati che pubblici, devono essere fatti ripartire.
Sono d'accordo sul fatto che ci sia bisogno di infrastrutture: lì c'è una questione di valutazione dell'efficienza delle infrastrutture pubbliche, degli ostacoli amministrativi che, oltre alle risorse finanziare, impediscono agli investimenti pubblici di ripartire.
Uno degli scambi di battute sugli investimenti che si sentono tra i Ministri delle finanze europei è questo: ci sono quelli che dicono “Non ci sono abbastanza risorse”, e quelli che dicono “Le risorse ci sono e sono anche troppe, ma mancano i buoni progetti”. In realtà a mio avviso c'è bisogno di tutt'e due.
Da questo punto di vista la BEI è uno strumento che dovrebbe lavorare sia nel proporre risorse che nel valutare i progetti; essa dovrebbe operare anche assieme alle banche nazionali di sviluppo, come la Cassa Depositi e Prestiti, e ai fondi di investimento. Si può creare in Europa un ambiente più favorevole agli investimenti, soprattutto quelli legati all'innovazione. Non dimentichiamoci che, in termini di sforzo innovativo e capacità di generare crescita, l'Europa ha cominciato a perdere colpi molto prima dello scoppio della crisi: da un paio di decenni l'Europa si allontana dalla frontiera tecnologica, mentre altri paesi, come gli Stati Uniti e non solo, vanno molto meglio di noi.

Eutopia: Il piano dei 300 miliardi di Juncker è sufficiente e come si dovrebbe finanziarlo?
Pier Carlo Padoan: Rispondo citando il Ministro delle finanze polacco, Mateusz Szczurek, il quale, dopo il discorso di Juncker, ha fatto circolare un paper in cui arrivava a dire che la cifra minima indispensabile per gli investimenti non è di 300, ma almeno di 700 miliardi, e faceva vedere un grafico dove si confronta quella che sarebbe stata la crescita europea prima della crisi con quello che è effettivamente successo, a causa della recessione prolungata. Noi dovremmo tornare sul sentiero avviato prima della crisi. Ma il problema è: chi ce li mette i soldi per arrivare a 700 miliardi? Non possiamo immaginare che siano solo investimenti pubblici. Sicuramente ci sono molti paesi che, per dirla con gli economisti, hanno più “spazio fiscale” dell'Italia, che avrebbero bisogno di investire nelle infrastrutture e avrebbero i soldi per farli. Bisognerebbe convincerli, io non parlo il tedesco... Ma quello che conta è che la gran parte di quel vuoto deve essere riempito dagli investimenti privati; bisogna creare le condizioni di mercato in cui sia di nuovo attraente investire, perché la gran parte delle risorse sta nel settore privato. Non possiamo immaginare che gli investimenti pubblici si sostituiscano totalmente agli investimenti privati.

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