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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2014 alle ore 11:58.

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Supponendo tuttavia che anche in queste condizioni si possa procedere con le cooperazioni rafforzate nell'Eurozona bisogna orientare più alla crescita il fiscal compact. Ciò può essere fatto in vari modi e il governo italiano farebbe bene ad affidare a un team di personalità accreditate (e non attive in politica) l'analisi per una proposta in tale direzione.

Il contrasto alla deflazione
Nell'immediato questo è però il tema urgente che legittima anche l'ampliamento delle azioni della Bce. Si è visto che la seconda operazione di prestiti alle banche a condizione che gli stessi vengano girati a sostegno delle imprese (Tltro) ha avuto, come la prima, una domanda inferiore all'offerta potenziale. In totale le due operazioni hanno portato le banche ad assorbire 212 miliardi di euro a fronte di 400 disponibili. È quindi ormai opinione generalizzata che non si raggiungeranno i 1000 miliardi di assorbimenti prefigurati con le altre sei operazioni del 2016 e con rientro dei prestiti entro il 2018. Con l'inflazione che a novembre è scesa allo 0,3% e che si avvia allo zero o addirittura in territorio negativo la situazione lascia prefigurare che la Bce in gennaio avvierà una qualche forma di “quantitative easing” cioè anche con acquisti di titoli di Stato. È l'ultima frontiera che la Bce infrangerà, ammesso che la Germania lo consenta e forse questo dipenderà anche da come lo vorrà fare. Scartata l'ipotesi che si utilizzi l'Esm per l'opposizione della Germania ci sembra molto interessante il suggerimento circolato (forse anche frutto di indiscrezioni) che la Bce segua il modello adottato dalla Banca d'Inghilterra. E cioè istituisca un società veicolo (Asset purchase facility) interamente controllata che riceva prestiti dalla Bce e con questi acquisti titoli di Stato. La velocità operativa di questa società unita a una serie di garanzie date dalla Bce alla stessa potrebbe massimizzare il risultato del Quantitative easing.

Una conclusione
L' interpretazione flessibile (o la riforma) del fiscal compact e una Bce con più poteri rafforzeranno l' Eurozona o consolideranno il suo salvataggio che a nostro avviso è acquisito malgrado la nuova crisi greca. La strategia di crescita passa però attraverso il rilancio degli investimenti infrastrutturali finanziati a livello dell'Eurozona. Molti hanno detto che l'Eurozona rischia di sprecare un decennnio. È vero e lo confermano non solo i cattivi dati sulla crescita e sulla disoccupazione rispetto agli Usa ma ancor più quelli sugli investimenti che sono la variabile strategica per il futuro. Speriamo quindi che anche i tedeschi guardino i dati Fmi secondo cui il rapporto tra investimenti e Pil era in Germania il 16,4% nel 2009, il 17,4% nel 2014 ed è previsto al 17,5% nel 2019. Negli stessi anni gli Usa si caratterizzano per questi dati: 17,5%, 19,8%, 21,9%. Il divario di 1,1 punti percentuali tra Germania e Usa nel 2009 è cresciuto a 2,3 nel 2014 e arriverà a 4,4 nel 2014. La Germania non diventerà mai come gli Usa mentre l'Eurozona potrebbe essere un credibile competitore.

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