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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2014 alle ore 07:28.
L'ultima modifica è del 30 dicembre 2014 alle ore 08:24.

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Tuttavia, ciò non basterà per prevenire la tempesta britannica. Il Regno Unito ha da sempre messo in discussione il progetto politico dell'integrazione europea, aggregando sulle sue posizioni un numero crescente di stati membri dell'UE (da quelli scandinavi a quelli dell'est). Eppure, alle critiche britanniche si è risposto riaffermando il carattere “necessariamente” unitario del progetto di integrazione, secondo la formula: si va tutti nella stessa direzione, seppure a velocità diverse.
Così, per tenere a bordo chi invece voleva andare in direzioni diverse, si è costruita un'UE intimamente contraddittoria, differenziata al suo interno, priva di un'autorità decisionale efficiente e legittima. Nonostante i tanti ed importanti trattati che hanno accompagnato la storia dell'UE, quest'ultima continua a soffrire per un deficit istituzionale, prima ancora che democratico. Se l'UE cercherà di venire incontro alle richieste inglesi di rinegoziare il Trattato di Lisbona, allora quel deficit diventerà ancora più accentuato. Se l'UE risponderà picche a quelle richieste, allora l'uscita definitiva del Regno Unito dallo stesso progetto di integrazione sarà altamente probabile (con conseguenze imprevedibili per entrambi). Anche qui, per usare le parole di Roberto Napoletano, c'è un secondo “feticcio religioso” che sta paralizzando le leadership politiche europee. L'idea che rivedere i trattati significa far crollare l'Unione.

Chi va per mare sa che il modo migliore per evitare una tempesta è prepararsi ad affrontarla. Ciò significa promuovere una distinzione istituzionale tra paesi (come il Regno Unito) interessati solamente ad un mercato comune e quelli spinti verso un'unione economica e monetaria più stretta. E, quindi, dotare quest'ultima di un sistema di governance sostenuto da una autonoma capacità fiscale e guidato da un'autorità legittimata democraticamente. L'antidoto al feticismo è insomma il ritorno alla politica.

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