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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2014 alle ore 09:36.
L'ultima modifica è del 31 dicembre 2014 alle ore 10:50.

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Il caso-Palermo ripropone il conflitto di interessi di chi è insieme magistrato leader di un gruppo (in questo caso, Mi) e membro del governo. Il caso-Ferri, che qualche mese fa – stando alle dichiarazioni del premier e del guardasigilli – sembrava dovesse risolversi con il “licenziamento” del sottosegretario e che ha avuto grande risonanza mediatica, è ancora lì, irrisolto, nell'indifferenza generale. Le sembra politicamente coerente?
Sarebbe davvero eccessivo, a proposito della distinzione tra poteri, che io mi esprimessi sull'asserito conflitto di interessi del sottosegretario Ferri. Non posso e non voglio farlo. Posso solo dire che quando si tratta di acquisire la volontà del gruppo di Mi, mi confronto esclusivamente con i togati di Mi e con il loro portavoce Claudio Galoppi, non con il sottosegretario Ferri.
Il Capo dello Stato ha ricordato che è la legge ad aver accentuato il ruolo gerarchico del Procuratore della Repubblica, cui spetta il potere-dovere di organizzazione della struttura, di assegnazione degli affari nonché di uniforme esercizio dell'azione penale. Ruolo che però il Csm fatica a riconoscere, con ricadute anche paradossali, come nello scontro Bruti-Robledo a Milano. Non crede che questa “resistenza” abbia contribuito a gettare discredito sulla Procura e chi la guida?

Anzitutto condivido il punto di vista del Capo dello Stato, al quale va la mia gratitudine per i suoi preziosi contributi. Nel merito, poiché la “resistenza” c'è, abbiamo deciso di aprire una pratica su questa delicata e importante questione per definire un orientamento interpretativo e regolamentare. Spero che nelle prossime settimane la commissione incaricata produca le sue conclusioni da sottoporre al plenum. Poi, certo, c'è il versante di una possibile modifica legislativa e anche su questo ci faremo carico di formulare proposte. Il tema non è banale perché l'assetto verticistico delle Procure è una scelta legislativa acclarata ma l'autonomia interna dei Procuratori spesso produce un'effettiva tensione con il Procuratore capo. Se il Pm ha totale autonomia investigativa, esterna e interna, come si concilia questa autonomia con i poteri organizzativi penetranti del capo dell'ufficio? È dentro questo conflitto funzionale che si posizionano i diversi punti di vista che proveremo a comporre.
Caso-Milano: lei ha tentato una mediazione con Bruti e Robledo. Come pensava di risolvere bonariamente il caso?

Anzitutto la mediazione è ancora in corso. La prima commissione è infatti convocata il 12 gennaio per decidere se avviare la procedura di trasferimento d'ufficio, per uno o per entrambi. Va da sé che ove il mio tentativo dovesse avere esito positivo, la procedura si arresterebbe.

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