Il Sole 24 Ore
Stampa l'articolo Chiudi

26 gennaio 2015

Che cosa ci dicono i numeri

di Giorgio Dell'Artii


Dispari. «Dio ama i numeri dispari» (Virgilio)
Conto in banca. «Dal punto di vista della teoria degli insiemi, la differenza tra lo 0 e l'1 sta dunque nel fatto che il primo è una scatola vuota, mentre il secondo è una scatola che contiene una scatola vuota. Più o meno la stessa differenza corre tra il non avere un conto in banca e avere un conto in cui non si hanno soldi».

Rosso. Gli indiani distinguevano debiti e crediti non mediante i segni – e +, ma mediante i colori, assegnando il nero ai debiti e il rosso ai crediti. «Nella trasmissione da Oriente a Occidente i colori si sono però invertiti, e oggi noi diciamo “andare in rosso” quando ci riferiamo ai bilanci in negativo».
Silenzi. «“La raccolta dei silenzi del dottor Murke” di Heinrich Böll (1958) narra di un redattore radiofonico che ha appunto l'abitudine di raccogliere silenzi. Si racconta che una volta venne detto a Jorge Luis Borges che fra la gente accorsa a rendergli omaggio c'era anche Italo Calvino. E lui rispose: “L'avevo riconosciuto dal silenzio”».
Due. Il 2, unico numero che si può dividere solo in parti uguali.
Sei. 6 è il primo numero a non essere né primo né quadrato. Gli antichi lo associavano perciò a Venere, in quanto risultato del prodotto tra il maschile 3 e il femminile 2. Inoltre 6 è la somma di 1, 2 e 3, il che lo rende un numero perfetto, nel senso che è uguale alla somma dei suoi divisori (1*2*3 = 6 e anche 1+2+3 = 6). Anzi è il primo numero perfetto. Il secondo numero perfetto è 28, il terzo 496, il quarto 8.128. I Greci non ne conoscevano altri. Noi sì, ma solo un numero finito e tutti pari. E non sappiamo se ce ne sono infiniti né se ce ne siano dispari. Filone d'Alessandria sosteneva che Dio creò il mondo in sei giorni, perché 6 è un numero perfetto.
Otto. I giochi della XXIX Olimpiade si sono aperti a Pechino l'8 agosto 2008, poco dopo le venti: più precisamente alle 08:08:08 pomeridiane del giorno 08:08:08. Un momento ovviamente non scelto a caso. E dovuto al fatto che per i Cinesi l'8 è un numero formato da un carattere “bā” che lo indica. Si pronuncia quasi come il carattere “fā”, che indica invece la ricchezza.
Vuoti. «Nel 1903 Osborne Reynolds propose “Un'inversione di idee sulla struttura dell'universo”. Cioè, invece di considerare la materia come “un pieno che si muove in un vuoto”, pensarla come “un vuoto che si muove in un pieno”».
Lunghezze e frequenze. «Esattamente come i numeri interi, anche i colori puri e i suoni puri sono in quantità infinita, perché infinite sono le possibili lunghezze, o le possibili frequenze, delle onde luminose o atmosferiche. Le riduzioni dei colori fondamentali a tre, o delle note della scala a sette o dodici, sono dunque puramente convenzionali, anche se non arbitrarie».
Quintetto. A Toronto, il 15 maggio 1953, si esibisce The Quintet: Charlie Parker suona in un sax di plastica, il pianista Bud Powell è ubriaco, il trombettista Dizzie Gillespie sparisce di continuo dietro le quinte per informarsi sul campionato mondiale di boxe con Rocky Marciano. Il pubblico, d'altronde, era andato tutto all'incontro di pugilato, e i musicisti non furono pagati per la scarsa affluenza, anche se poi si rifecero con la mitica registrazione “Jazz at Massey Hall”
Sacco. «Il mio numero preferito è “un sacco”» (Woody Allen).
Notizie tratte da: Piergiorgio Odifreddi, Il Museo dei numeri. Da zero verso l'infinito, storie del mondo della matematica Rizzoli, Milano. Pagine 428, € 22.
Questa rubrica esce il lunedì, mercoledì, venerdì e la domenica sul Domenicale


26 gennaio 2015