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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2015 alle ore 08:14.

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Un confronto internazionale con alcuni giganti dell’industria, anche se fanno mestieri diversi, fa vedere che questo supergruppo ha ricavi aggregati pari al doppio dei ricavi di General Electric (148,6 miliardi di dollari nel 2014, pari a 122,4 miliardi in euro al cambio di fine anno). Ge ha 305mila occupati e un utile netto più che doppio, 15,2 miliardi di dollari, in euro sono 12,5 miliardi. L’utile aggregato della «Stato Spa» è simile all’utile consolidato di Siemens, 5.507 milioni nel bilancio consolidato 2014, che ha però ricavi intorno a un terzo, 71,9 miliardi, con 343mila occupati.

Claudio Descalzi è stato nominato a.d. dell’Eni _ con Emma Marcegaglia presidente _ dopo sei anni a fianco di Scaroni come numero due, era d.g. della divisione esplorazione e produzione di petrolio e gas. Diversi osservatori sostengono che Descalzi deve ancora dimostrare di avere la visione strategica da numero uno. Dopo la flessione dei profitti l’anno scorso, nel primo trimestre di quest’anno l’utile netto rettificato del gruppo è diminuito del 45,6% a 648 milioni. Ma la redditività dell’Eni era in calo almeno dal 2012.

Descalzi ha takgliato del 28,6% il dividendo 2015 a 80 centesimi. Nel piano 2015-2018 prevede un taglio del 17,8% degli investimenti (in totale 47,8 miliardi) e un aumento del 3,5% all’anno della produzione di idrocarburi. Scaroni aveva l’obiettivo di 2 milioni di barili al giorno, mai raggiunto. Nel 2014 la produzione è diminuita a 1,6 milioni(-6% dal 2012).

Un punto controverso è la raffinazione. Descalzi è rimasto fedele al piano che prevede entro il 2018 un riduzione del 50% della capacità rispetto al 2012. Ma con il petrolio basso la raffinazione guadagna, l’Eni nel primo trimestre ha ottenuto 96 milioni di utile netto rettificato. La raffineria di Gela è ferma da un anno, mentre i privati in Italia non tagliano. Descalzi ha cambiato diverse figure-chiave rispetto all’èra Scaroni, nella quale era influente il faccendiere Luigi Bisignani. Le nomine più significative sono il nuovo vertice di Saipem, Francesco Cao a.d. e Paolo Colombo presidente.

Il timone dell’Enel è stato affidato a Francesco Starace, un ingegnere che ha ottenuto risultati positivi all’Enel Green Power, in buoni rapporti con il «Giglio magico» di Renzi. Il nuovo presidente è Patrizia Grieco. Starace ha spostato l’attenzione dalla finanza all’industria. «Non siamo un bondificio», ha sottolineato per far notare che la principale preoccupazione non deve essere quella di emettere obbligazioni per finanziare l’ingente debito (con laute commissione per le banche) ma perseguire «una nuova fase di crescita, più sostenibile e flessibile». Il piano 2015-2019 dell’Enel prevede 18 miliardi di investimenti destinati alla crescita industriale, 6 miliardi in più del precedente. Le svalutazioni di attivi per 6,4 miliardi nel 2014 hanno abbattuto dell’84% l’utile netto a 517 milioni, ma questo non ha penalizzato gli azionisti. Starace ha annunciato un aumento dei dividendi: la cedola 2014 è aumentata del 7,7% a 14 centesimi, quest’anno garantiti almeno 16 centesimi.

Dall’annuncio dei nuovi vertici, fatto il 14 aprile 2014 (tranne Terna, il 30 aprile), Finmeccanica è la società con il miglior andamento in Borsa, +70%, mentre l’indice generale di Borsa è salito del 9,5 per cento. Questo balzo ha galvanizzato il nuovo a.d. Moretti. La Borsa ha premiato la conclusione della vendita del settore ferroviario, aggiudicato a Hitachi. Per il «ferroviere» Moretti occuparsi di treni è stato un compito più facile che fare strategie su elicotteri, aerei, elettronica, satelliti, missili. Adesso viene il più difficile, misurarsi con la riorganizzazione internazionale nell’aerospazio e difesa.

Moretti si è concentrato sulla riduzione dei costi, ha ottenuto risparmi per 25 milioni a livello centrale. Ma intanto sono diminuiiti del 15,8% i nuovi ordini ottenuti dal gruppo nel secondo semestre 2014. E il 21 aprile scorso AgustaWestland ha perso una commessa da 2,5 miliardi in Polonia, 50 elicotteri militari. Ha vinto Airbus. «La notizia è negativa», secondo Banca Akros. Finmeccanica non dà il dividendo ai soci da quattro anni.

Le Poste sono state rivoltate da Francesco Caio, per il quale «c’è un business da reinventare». Il piano per la Borsa è controverso: estende a 4mila Comuni la consegna della posta a giorni alterni (ma la Ue lo contesta), prevede forti aumenti di tariffe dopo quelli scattati a dicembre, programma la chiusura di 455 sportelli. Caio ha fatto molti innesti di dirigenti, ma anche sovrapposizioni di funzioni, dall’area comunicazione alla finanza. Da Finmeccanica è arrivato Luigi Calabria come direttore finanziario, poi l’incarico è stato affidato a Luigi Ferraris, andato a rinfoltire una piccola colonia di ex Enel, e Calabria dirottato alla Banca del Mezzogiorno. Caio ha comprato da Mps il 10,3% di Anima Sgr, che gestisce riparmio. Il punto di approdo di Poste non appare ben messo a fuoco. Qualche osservatore si domanda se il vulcanico Caio durerà fino al termine del mandato.

Terna continua nella progressione degli utili, in un business in larga parte regolato, il dividendo però non cresce. Il nuovo a.d., Matteo Del Fante, già direttore generale della Cdp, è l’unico fiorentino di questa nidiata di «boiardi». Alcuni lo considerano un potenziale candidato a incarichi di maggior peso, perfinoi alla Cdp. C’è una partita aperta: il governo vuole che le Fs facciano cassa in vista della Borsa cedendo la rete elettrica alla società di Del Fante. Elia e Messori vogliono incassare almeno un miliardo. Del Fante ha valutato la rete 500 milioni. Più alto sarà il prezzo per la rete, più alto il conto per i consumatori che pagano la bolletta elettrica.

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