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Il terremoto e le regole ignorate

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il commento

Il terremoto e le regole ignorate

Ms: microzonazione sismica. Tenete a mente queste due lettere, perché è una delle buone intenzioni della pianificazione antisismica annegata nella babele di leggi e regolamenti, dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici giù giù fino alle singole regioni, tra le quali ci sono quelle virtuose (Emilia e Umbria) e le altre (Campania e Sicilia) che procedono come se il problema non li riguardasse, tra gli incoraggiamenti formali della Protezione civile.

Non c’è notizia, si dirà. È la regola italiana. E invece le notizie, per chi è appassionato al tema, sono tre, anzi quattro. Quelle più macroscopiche: chi pianifica continua a non tener conto degli studi geologici; alcune Regioni meridionali, oberate da ben altri problemi, ignorano le regole della Protezione civile e Amatrice, dopo la catastrofe del 24 agosto, ha il piano di microzonazione non validato per conclamata inadempienza della Regione Lazio.

Tutto nasce dall’articolo 11 della legge 77 del 2009 sulla microzonazione, partorita all’indomani del terremoto dell’Aquila. Corretto l’oggetto: un edificio crolla o sta in piedi non solo per come è stato costruito, ma anche per il terreno sul quale è stato edificato. Ci sono terreni, come quelli alluvionali, che amplificano a dismisura le scosse (la scala va da uno a 2,5) e che quindi andrebbero interdetti o vincolati a una serie di contromisure tecniche prima di decidere se e come costruire.

«Mappiamo l’Italia» dice più o meno il capo della Protezione civile Guido Bertoloso, a quei tempi terza carica del Paese per concentrazione di potere. La legge viene varata a passo di carica. Lo stanziamento è poco meno di un miliardo per sette anni, ma ci sono dentro anche la marea di edifici pubblici e privati da controllare e mettere in sicurezza. Alla microzonazione restano cento milioni, con progetti da cofinanziare a livello regionale che portano il totale a 150/170 milioni, non proprio bruscolini. Mossa giusta, il cofinanziamento, che però si rivela un boomerang: molte regioni del Sud o hanno le casse a secco o si scagliano contro i vincoli del patto di stabilità.

Si parte. E per coordinare i lavori nasce una commissione nazionale che si riunisce tre o quattro volte l’anno nella sede della Protezione civile a Roma. È il Dipartimento a distribuire i soldi, finanziamenti che le Regioni possono spendere solo per la microzonazione non prima di averla cofinanziata. Dice Sergio Castenetto, geologo del Dpc e segretario della commissione: «L’Italia è l’unico Paese europeo ad avere la microzonazione su tutto il territorio nazionale e con il coinvolgimento delle Regioni».

In realtà, si lavora su quasi 3mila degli 8mila Comuni italiani, quelli inseriti nelle zone a maggiore rischio sismico. Uno sforzo titanico, per supportare il quale nasce il centro di microzonazione, un organismo tecnico presieduto dal prorettore della Sapienza di Roma e vice presidente della Commissione grandi rischi, Gabriele Scarascia Mugnozza. Alla vigilia della sesta annualità dei finanziamenti, con quasi due terzi dei Comuni mappati, si scopre – prima notizia – che gli indirizzi della microzonazione sono uno dei tanti fogli di un dossier. Dice Raffaele Nardone, tesoriere del Consiglio nazionale dei geologi e componente della Commissione nazionale sulla microzonazione: «Gli studi in questa materia sono slegati dalla pianificazione».

Se un Comune cambia il piano urbanistico, è sufficiente che alleghi la mappa di microzonazione. Una scelta senza obblighi di nessuna natura, perché anche aree ad alta amplificazione possono rientrare nella pianificazione urbana, a patto che poi il progettista adotti delle tecniche coerenti. Per mappare la scala di amplificazione bisognerebbe passare al livello 2, un investimento adottato finora solo dell’Emilia-Romagna e dell’Umbria (Marche e Abruzzo a macchia di leopardo). «Noi sconsigliamo vivamente di lottizzare in terreni amplificati, ma la decisione finale tocca al sindaco» spiega Roberto Troncarella, presidente dei geologi laziali.

Tanto rumore per nulla. Con un piccolo paradosso. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici, autorità morale e fattuale – seconda notizia – ignora totalmente la microzonazione persino nel nuovo codice tecnico delle costruzioni che si sta riscrivendo in questi mesi. Non c’è un passaggio, una citazione, un rimando. Nulla di nulla. Nardone s’indigna e si scaglia contro gli equilibri all’interno del Consiglio superiore: «L’aspetto sulla sismicità, la modellazione geologica del sottosuolo e l’amplificazione sono stati scippati ai geologi e assegnati agli ingegneri geotecnici. Che peraltro sono in schiacciante maggioranza». Il geologo lucano, sul tema microzonazione, è duro soprattutto con i ritardi delle Regioni del Sud: «La Campania, che ha avuto migliaia di morti nell’80, non ha attivato neppure il livello 1, se si eccettua l’area di Benevento. La Basilicata era partita bene ma poi si è fermata, per non parlare della Sicilia».

La Protezione civile, a partire dalla terza ordinanza, annusa la mala parata e riduce la quota di cofinanziamento regionale prima al 40% e poi al 25%, un tentativo di sbloccare le cose. Ma è a livello di moral suasion che il Dipartimento alla testa del quale si alternarono Guido Bertolaso e l’attuale prefetto di Roma Franco Gabrielli appare troppo prudente, quasi timoroso. I verbali della commissione nazionale replicano a ogni quadrimestre i ritardi di alcune Regioni, tanto che in luglio il presidente della commissione, Mauro Dolce, annuncia di aver rotto gli indugi e di essere pronto a sollecitare direttamente i governatori. Una lettera – terza notizia – mai partita.

In via Ulpiano, una delle due sedi romane del Dipartimento guidato da Fabrizio Curcio, se la cavano in corner: «Il terremoto di Amatrice ha cambiato le priorità». È proprio Amatrice, all’alba della metà di ottobre 2016 e in compagnia della metà dei paesi laziali, non ha ancora il piano di microzonazione validato dalla Regione Lazio. Peggio: il piano è stato secretato dalla magistratura – quarta notizia – e gli uomini di Nicola Zingaretti l’hanno negato persino al presidente dell’ordine regionale dei geologi, Roberto Troncarelli. Il Lazio è uno dei tanti colpi a vuoto della legge 77. A quando la validazione delle tecnocrazie regionali?

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