Finanza & Mercati

I veri «populisti» sono i mercati

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L'Analisi|FINANZA E POLITICA

I veri «populisti» sono i mercati

«Populista». La parola, nel mondo attuale, ha assunto una connotazione negativa. Lontana dal suo significato originale legato ai movimenti popolari della Russia del 1800. Oggi, non di rado, viene utilizzata per descrivere le forze politiche che, richiamandosi in maniera demagogica al popolo, hanno tra le loro caratteristiche anche quella di banalizzare i problemi. Di dare risposte semplicistiche a temi complessi. Molte volte, nei report delle case d’affari o nelle indicazioni degli analisti, il vocabolo sottende la critica descritta. E non solo. Proprio questa presunta incapacità di cogliere la profondità, e articolazione, dei problemi amplifica la preoccupazione per la futura stabilità dei mercati. Sennonchè, a ben vedere, la struttura logica alla base del pensiero criticato è di casa nella stessa operatività dei listini. Le Borse, ormai habitat tecnologico e iperconnesso, sono sempre di più nelle mani di strategie quantitative. Soprattutto nel breve periodo. Si tratta di un approccio che, mettendo in secondo piano i fondamentali delle aziende e dell’economia, privilegia la polarizzazione delle scelte. Si sta dentro il rischio («risk on») oppure se ne sta fuori («risk off»). Un meccanismo che, sfruttando soprattutto prodotti finanziari «passivi» in grado di replicare settori o indici, ripete in qualche modo la logica binaria.E, così facendo, semplifica anch’esso la complessità della realtà. Certo, può obiettarsi: la scelta della finanza quantitativa presuppone, a monte, calcoli e ragionamenti complessi. Quindi assimilare le due situazioni è scorretto. La considerazione ha un suo qualche fondamento. Tuttavia, in primis, la complessità indicata attiene alla microstruttura del mercato. Alla fine la strategia si concretizza sempre in una semplificazione: «risk on» o «risk off». Inoltre l’industria finanziaria, finalizzata a massimizzare il ritorno sull’investimento, tende alla standardizzazione di procedure e strategie. Con il che ipotizzare, in capo agli operatori, sempre e comunque «alte» elaborazioni concettuali e modelli sofisticati è un’illusione. Proprio la reazione dei mercati alla Brexit, alla vittoria di Trump e al «No» alla riforma costituzionale in Italia ne sono l’indizio. In tutti e tre i casi è ben difficile ipotizzare che la riscossa delle Borse fosse la conseguenza di un’analisi approfondita e ponderata dell’evento. Più semplicemente: prima delle votazioni il «ricatto» della paura per l’evento considerato «nefasto» ha creato i presupposti dell’attività ribassista. La quale, passato il voto, si è riposizionata in modo tale da sfruttare gli eventi successivi (oggi, ad esempio, c’è il meeting della Bce). A ben vedere il reale limite all’approccio «populista» delle Borse è il tempo. Vale a dire: il meccanismo funziona nel breve o brevissimo periodo. Quando si considera un orizzonte temporale maggiore i fondamentali, e l’articolazione delle strategie, tornano (per fortuna) rilevanti. Almeno fino ad oggi.

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