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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 08:05.
Era il settembre del 2000. I giornali parlavano male del Grande fratello. Che orrore, signora mia. I luoghi comuni si sprecavano. Sembrava inarrestabile lo snobismo su quel primo esperimento di televisione che guardava da vicino le persone normali. Le pagine degli spettacoli dei quotidiani si erano trasformate in manuali di sociologia spicciola. Pietro Taricone era il bersaglio ideale dei radical chic. Si era presentato con atteggiamenti da bullo, con la canottiera, muscoloso, sciupafemmine, meridionale. Tutto troppo facile.
La cosa non mi convinse e cominciai a guardare su Stream la diretta 24 ore su 24 dalla casa. Incantato dalla grandezza di Pietro, proposi al direttore del Foglio un articolo in difesa del giovane di Trasacco. L'articolo si trasformò in una rubrica quotidiana di prima pagina dal titolo «Pietromania». La mamma di Pietro, la deliziosa signora Rita, mi cercò per ringraziarmi.
Pietro Taricone era l'esatto contrario di come l'avevano descritto. Era intelligente e dolce, saggio e colto ben al di sopra della media dei ragazzi della sua età e anche di molti giornalisti che lo disprezzavano per i suoi muscoli, ma in realtà erano rosi dal pregiudizio di classe. Pietro giocava col suo personaggio, si divertiva a épater le bourgeois, a stupire i borghesucci dall'altra parte dello schermo e nelle redazioni. Aveva studiato, sapeva di politica, giocava con la filosofia, era innamorato della storia. Non era noioso. Non nascondeva la sua gioia di vivere. Non rinunciava a divertirsi e a divertire. Pietro usava i muscoli per spiegare e il cervello per incantare.
Tre mesi dopo, li aveva stesi tutti. Quelli che per settimane avevano spiegato quanto fosse cafone scoprirono che non era così. Alla fine della trasmissione, i giornalisti di Repubblica lo chiamavano per dirgli che in redazione erano suoi fan. Curzio Maltese, in un'intervista, lo paragonò a Norberto Bobbio. Fabio Fazio gli offrì un lavoro. Pietro però non c'è cascato. È andato una o due volte in tv, poi basta. Si era accorto che tutti avevano cominciato a tariconeggiare, a mostrarsi più Tariconi di Taricone, a far finta di essere come lui esattamente come negli anni Settanta gli intellettuali impegnati si vantavano di essere solidali con gli operai Fiat. Facevano i Tariconi di fronte a Pietro, ma Pietro non era soltanto un Taricone vero, era anche di talento.