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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2010 alle ore 08:24.
Il catalogo delle sculture di Amedeo Modigliani contava fino a oggi 25 numeri (26 in realtà, come vedremo): 23 Teste e 2 Cariatidi, 15 delle quali distribuite in musei del mondo intero, le altre in raccolte private diventate anche più inespugnabili dopo l'aggiudicazione di una sua Testa, da Christie's a Parigi nello scorso giugno, per oltre 43 milioni di euro.
Non è quindi difficile intuire perché nessun museo avesse mai azzardato una mostra su questo tema, sul quale poi si allungava l'ombra della beffa architettata nel 1984 dai ragazzi livornesi che, facendo ritrovare nel Fosso Reale tre teste simil-Modì, eseguite da loro con il Black&Decker, sconquassarono il mondo degli addetti ai lavori su fino a G. C. Argan, convinto assertore dell'autografia dei tre manufatti. Con il risultato che la materia sembrò diventare intoccabile per gli studiosi. Non per Gabriella Belli però, che ci pensava da allora. Ha così chiamato Flavio Fergonzi e Alessandro Del Puppo e, insieme a loro e all'agguerrito staff del suo museo, in quattro anni di lavoro è riuscita a dar vita a una mostra di un rigore scientifico inoppugnabile che, complice anche l'allestimento di Caruso-Torricella, è allo stesso tempo di emozionante bellezza per le opere che riunisce: la prima, poi, sulle sue sculture dal Salon d'Automne del 1912.
I curatori hanno voluto scandagliare ogni aspetto di quella sua breve stagione di scultore, tra il 1911 e la metà del 1913, sulla quale gli esegeti del passato si erano esercitati fantasiosamente suggerendo innumerevoli fonti, tutte basate però su semplici assonanze visive. Qui invece si sono studiate ed esposte solo le opere che lui, che era colto, istruito e aggiornato (addio dunque anche al falso mito del «genio e sregolatezza»), sicuramente vide, perché esposte lui vivente nei musei che più amava: il Louvre, il Musée Guimet, il Trocadéro...
Ogni confronto, ogni riferimento formale è stato passato da Del Puppo a questo vaglio rigoroso, mentre Fergonzi studiava le immagini d'epoca e scopriva che Ambrogio Ceroni, il pur meticolosissimo connoisseur a cui si deve il catalogo del 1965 delle sculture di Modì, aveva "fuso" due Teste in una sola. Le Teste pubblicate in quel catalogo tuttora insuperato diventano così 26, a cui se ne aggiungono ora altre due, tutte suffragate da immagini d'epoca.