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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2011 alle ore 16:34.
La pianista e cantante brasiliana Eliane Elias è tornata al Blue Note di Milano dopo più di quattro anni: la volta precedente aveva tenuto due set il 14 ottobre 2006, questa volta soltanto uno. La formazione prediletta è sempre il quartetto diretto da lei e da Marc Johnson contrabbasso, suo compagno anche nella vita, con Ricardo Vogt chitarra e Rafael Barata batteria, mentre nel 2006 c'erano Rubens de la Corte e Satoshi Takeishi, ma l'impostazione dell'assieme non è cambiata.
L'animatrice è lei, che cura gli arrangiamenti e include qua e là nel programma composizioni proprie, e conferisce al gruppo l'impronta neolatina con la scelta dei solisti di chitarra e di batteria e con il proprio apporto, malgrado l'autorevole contributo di un maestro americano del jazz come Johnson.
Il maestro è Bill Evans
Il tocco di Eliane sul pianoforte è jazzy, la tecnica perfetta risente di evidenti studi classici e il referente suo e di Marc è il sommo Bill Evans. Ma poi (anzi, prima) si deve ribadire che Eliane non dimentica mai di essere nata 51 anni fa a San Paolo del Brasile. E come fanno i musicisti brasiliani di rispetto, sottolinea i suoni con i movimenti del corpo mettendo in serio pericolo la stabilità del seggiolino, e approfitta, com'è giusto, della sua famosa bellezza di donna, appena intaccata dal trascorrere del tempo: il viso, il sorriso e la dolcezza del canto (e la vivacità sensuale, quando occorre) sono ancora quelli.
D'altra parte, il suo percorso di musicista è composito: si citano soprattutto i suoi sodalizi con gli Steps Ahead, Randy Brecker, Gilberto Gil e Herbie Hancock. Non a caso lei stessa sostiene che «la musica del Brasile e dell'America del Nord provengono dalla sorgente euro-africana che ha assunto caratteri diversi a contatto con diverse realtà, ma la fonte comune si percepisce ancora, eccome»: in questo modo attribuisce a sé una tendenza alla sintesi, sebbene la neolatinità tenda a prevalere.
Al Blue Note ha reso omaggi cospicui a Gilberto Gil (Aquele Abraço), Herbie Harper (Bananera) e specialmente ad Antonio Carlos Jobim (Chega de Saudade, Samba de Uma Nota So, un lunghissimo Desafinado), tuttavia mai privi di una jazzy tinge ben controllata, quando occorreva, da Marc Johnson. Il pubblico, folto ed entusiasta, ha chiesto e ottenuto alla fine due bis. Pregevoli e sempre all'altezza sono apparsi il chitarrista Ricardo Vogt, rigorosamente acustico, e il batterista Rafael Barata.