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Questo articolo è stato pubblicato il 17 marzo 2011 alle ore 16:03.

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Israel Horovitz, il futuro è degli uomini di coraggioIsrael Horovitz, il futuro è degli uomini di coraggio

Come nasce la sua passione per la scrittura? C'è stato un avvenimento che l'ha determinata?
Una volta Beckett mi disse: "Un autore che spiega ciò che scrive, è come una lumaca che spiega il suo guscio". Ed io sono d'accordo. Detto questo, penso che mia madre sia stata uno dei miei primi stimoli. Giocava sempre con il linguaggio, faceva giochi di parole. Poco prima della sua morte, all'età 95 anni, disse ai suoi nipoti, raccolti intorno al suo letto, "penso che ora farò un breve pisolino".

Da cosa nascono le sue storie? Da cosa attinge?
È sempre una combinazione tra realtà e immaginazione. Non possiamo scrivere quello che non conosciamo. Mio padre faceva il camionista, fino a 50 anni. Poi decise di studiare diritto in un corso serale, ed è diventato avvocato. Quando scrivo un testo teatrale sulla classe lavoratrice – per esempio l'ultimo "Le colpe di una madre" sugli scaricatori di porto – uso molto dell'esperienza diretta di quando mio padre era camionista. Che cosa è reale? Che cosa è immaginato? È difficile sapere dove comincia l'uno e finisce l'altro.

La sua prima piéce teatrale messa in scena è stata "Il ritorno". Quale ricordo ha di quella prima volta?
Quel testo fu prodotto quando avevo 17 anni. Ho un ricordo molto intenso di quell'evento. Nessuno disse che la commedia era bella, ma molti dissero "è una commedia". Così pensai: "Bene, allora io sono un autore. Ora so cosa sono."

Constata una differenza tra la scena europea e quella statunitense?
Amo il pubblico europeo e, in generale, lo preferisco a quello americano. Il teatro è diventato troppo caro in Usa, trasformandosi in intrattenimento per ricchi. Ovviamente ci sono molte eccezioni. Io lavoro spesso anche con giovani compagnie eccellenti, affatto ricche, ma queste sopravvivono con grande fatica. Penso che il pubblico europeo rispetto a quello americano tende ad essere più leale verso gli autori.

A cosa serve il teatro oggi? Può aiutare a migliorare l'uomo?
Io non abbandono questa speranza.

Dice di più quello che si vede sul palcoscenico o quello che si vede al telegiornale?
Sono entrambi necessari nella vita di ogni giorno. Il teatro è un'invenzione e per questo riesce ad essere molto più eloquente. Nel teatro le parole vengono scelte con attenzione, mentre spesso nella vita vengono dette con noncuranza.

Che cos'è che fa la storia? O meglio, chi fa la storia?
Hitler ha fatto storia. Madre Teresa ha fatto storia. Una cosa non è automaticamente positiva solo perché fa la storia. La storia racconta tragedie immense, così come giustamente racconta di azioni coraggiose e valorose. Non credo che qualcuno possa diventare famoso senza perseguire la fama. Le uniche eccezioni che mi vengono in mente, nell'arco della mia vita sono: il pilota che recentemente è riuscito a fare un atterraggio di emergenza nel fiume Hudson, a New York, salvando le vite di tutti i passeggeri; il cugino del mio amico Richie Vetere che è riuscito ad acchiappare, salvandolo, un bambino che era precipitato da uno dei piani alti di un palazzo a New York. Senza dubbio è molto raro che un artista diventi famoso senza volerlo. Siccome molti degli artisti famosi della mia generazione, lo diventarono quando avevano tra i 20 e i 30 anni, io attribuisco il loro desiderio di notorietà alla superficialità giovanile, ad interessi unilaterali e ad un'energia smisurata. Quelli seri si sono velocemente ripresi e si sono rimessi a lavorare.

Chi ha un futuro?
Gli uomini di coraggio

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