Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2011 alle ore 08:22.

My24

Record vero (2h15'16") e sogno fu quello di Abebe Bikila, dominatore a Roma 60, Olimpiade che cambiò il mondo. Veniva dall'Etiopia, correva a piedi nudi nella notte, stregò le ragazze romane assiepate lungo il percorso e catapultò l'Africa nello sport: «Per poco - disse a fine gara - non mi incantavo a guardare l'arco di Costantino, non ho mai visto niente di più meraviglioso e sono contento di averlo visto durante la notte più bella della mia vita». Vinse anche a Tokyo 1964 (doppietta riuscita solo al tedesco dell'Est Cierpinski, 1976-1980) ma Bikila più di chiunque altro è la maratona, disperazione e grandezza. Quella che l'Italia ha vissuto con Gelindo Bordin, a Seul 88, e con Stefano Baldini, dio di Maratona nel 2004, nell'Olimpiade finalmente tornata a casa.

Non è gloria solo un alloro olimpico, lo è arrivare in fondo alle proprie forze: teatranti ubriachi lungo il percorso, zombie felici all'arrivo. Perché, come scrisse Eugenio Montale, «se la notte sogno, sogno di essere un maratoneta».

I record
Da vera Girl with the balls ha sfiorato Abebe Bikila a Roma 60 e avrebbe sconfitto Emil Zátopek a Helsinki 52. Le 2h15'25" dell'inglese Paula Radcliffe nella maratona di Londra 2003 sono parse un futuro solo da scrivere: gli uomini erano lì, dietro l'angolo, a portata di traguardo. Paula, ciondolante come una virgola che non sai bene dove mettere, 230 chilometri a settimana, è nata due volte, perdente su pista, regina su strada, ma Haile Gebrselassie le ha divorato l'illusione. Temperatura perfetta, lepri di lusso, le pianure di Berlino 2008 e primato del mondo a 2h03'59''. Nessuno come queste gambe etiopi nate fra cielo e altopiano. «Correre più veloce è il solo rimedio davanti al male e al dolore – ha detto –. Ho corso nei campi, per andare a scuola, per sopravvivere, per cercare inutilmente di salvare mia madre, stramazzata a terra per il lavoro in campagna. Da vent'anni non faccio altro, anche se ho vinto tutto, non ho altra ricetta contro la disperazione, se non quella di fuggire avanti».

Il libro
Più che un libro di parole è un libro di fotografie. Anche se di foto ce n'è una sola, in copertina. Marco Patucchi è giornalista economico a «Repubblica» e viviseziona i maratoneti come fossero il bilancio di una società. C'è Miguelito Sanchez, inghiottito dalla dittatura argentina, Mamo Wolde coi suoi 9 anni di prigione; c'è Alan Turing, genio dell'intelligenza artificiale, gay, runner contro il perbenismo degli anni 50 e suicida con una mela bagnata di cianuro (un po' come il morso della Apple). Ci sono Luca Coscioni, John Maina, Alberto Salazar e tanti altri. Patucchi, dopo un infortunio che l'ha costretto alla via delle parole, ha ricominciato a correre perché «la maratona è sofferenza e gioia; esaltazione e depressione; solitudine e fratellanza».

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi