Il Sole 24 Ore
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Così Ross scoprì come si trasmette la malaria

Gilberto Corbellini


Esattamente cento anni fa il medico tropicale inglese Ronald Ross, già premio Nobel (1902) per aver stabilito che la malaria si trasmette con le punture delle zanzare, proponeva il primo modello probabilistico utilizzato in epidemiologia: in pratica dimostrò che l'infezione malarica può persistere solo se il numero di zanzare è al di sopra di una certa soglia. I principi matematici basilari delle epidemie vengono brevemente e opportunamente discussi da Giovanni Rezza, in un libro di eccellente qualità scientifica e divulgativa, che passa in rassegna le varie tipologie epidemiche che caratterizzano le infezioni da microparassiti cioè virus, batteri e protozoi. Rezza introduce appunto il valore quantitativo fondamentale che consente di prevedere se un agente infettivo si diffonderà o meno: appunto il tasso di riproduzione dell'infezione, inventato da Ross e riutilizzato per misurare il successo riproduttivo di un qualunque agente infettivo, che è poi il suo successo evolutivo.
Il modello di Ross andava a integrare un'altra idea matematica sulle epidemie, cioè il principio del l'azione di massa, definito nel 1906 da William Heaton Hamer, per cui il tasso netto di diffusione di un'infezione è proporzionale al prodotto della densità di persone suscettibili per la densità di individui infetti. Nel 1927 W. Kermak e A. McKendrick realizzarono una pietra miliare dell'epidemiologia matematica, cioè la teoria della soglia: l'introduzione di pochi individui infetti in una comunità di suscettibili non darà origine a un'epidemia a meno che la densità o il numero di suscettibili non sia al di sopra di un certo valore critico. Ad esempio, per il morbillo è necessaria una popolazione di 4-500mila persone o più.
Nel 1952, George MacDonald, cercando di sviluppare un modello predittivo per valutare l'efficacia delle misure di lotta antimalarica basate sul controllo o l'eradicazione dei vettori mediante il Ddt, introdusse formalmente il valore R0, appunto il tasso di riproduzione dell'infezione, che rappresenta il numero di infezioni secondarie causate da un singolo caso di malattia. Negli anni 70, R0 verrà utilizzato dagli epidemiologi e statistici Roy Anderson e Robert May nel l'ambito di diversi modelli stocastici più complessi, per caratterizzare le dinamiche quantitative di trasmissione e definindo le condizioni perché una malattia infettiva si propaghi all'interno di una popolazione: R0 deve essere superiore a 1, ovvero ogni ospite infettato deve trovarsi in un ambiente che faciliti uno o più contatti infettanti con ospiti suscettibili. Va da sé che ogni infezione possiede una propria dinamica e richiede interventi più o meno efficaci a seconda di quanti casi secondari possono mediamente derivare da un caso individuale tipico.
MacDonald elaborò un altro concetto fondamentale per l'epidemiologia della malaria, quello di capacità vettrice, che misura l'efficienza con cui una zanzara trasmette il parassita. A partire da questo valore, facilmente calcolabile, è stato possibile caratterizzare le diverse situazioni epidemiologiche, e spiegare l'impatto della malaria in termini dei livelli di endemicità, mortalità e morbilità, nonché perché le stesse misure di lotta avevano diversa efficacia in differenti contesti. Le zone malariche sono state suddivise in ipoendemiche, mesoendemiche, iperendemiche e oloendemiche.
In Italia, dove la malaria ha infierito fino a subito dopo la Seconda guerra mondiale, si andava da una malaria mesoendemica, nel Nord Italia, con un'intensità di trasmissioni molto variabile, a una malaria iperendemica, nel centro-sud, a trasmissione intensa ma stagionale. In queste zone, l'ecosistema della malaria era instabile e abbattendo il tasso entomologico di inoculazione del parassita, cioè il numero di punture infettanti che una persona subisce in un anno, poteva essere sradicata. Si spiega così perché gli interventi di bonifica nell'Agro Pontino, narrati con accenti epici anche da Pennacchi nel suo Canale Mussolini, e poi definitivamente l'uso del Ddt, eliminarono la malaria dall'Italia. Nei paesi dove la malaria è oloendemica, cioè nelle zone tropicali e in modo particolare l'Africa subsahariana, dove c'è un livello di trasmissione molto alto e che dura tutto l'anno, e il tasso entomologico di inoculazione può essere di oltre 400 punture infettanti per persona all'anno (contro le poche unità nelle zone iperendemiche), le misure di controllo vettoriale hanno un impatto minimo sul carico di morbilità e mortalità.
Queste nozioni hanno una solida base scientifica grazie alle ricerche di un entomologo italiano, considerato un gigante nel mondo della malariologia: Mario Coluzzi. Come ricorda Alessandra Lavagnino in un gradevole racconto della malaria dall'antichità a oggi, Coluzzi ha messo a punto gli strumenti tecnici e i concetti entomologici attraverso cui è stato possibile identificare le differenze genetiche, e quindi gli adattamenti dei vettori africani di malaria, che li rendono così efficienti nella trasmissione del parassita. E, purtroppo, anche indifferenti alle misure che cercano di abbattere un carico di malattia che conta, in quelle zone, oltre un milione di morti all'anno (metà sono bambini al di sotto dei 5 mesi) e centinaia di milioni di casi clinici.
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epidemia. origini ed evoluzione

Giovanni Rezza

Carocci, Roma pagg. 136|€ 13,00


la mala aria

Alessandra Lavagnino Sellerio, Palermo

pagg. 218|€ 12,00