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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle ore 12:16.

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Fabio Novembre per Driade, poltrona «Nemo», 2010 © Settimio BenedusiFabio Novembre per Driade, poltrona «Nemo», 2010 © Settimio Benedusi

Giampiero Bosoni, critico e professore di Architettura degli interni, Politecnico di Milano ~ Cosa dobbiamo fare per riportare i valori della cultura, della qualità e della ricerca al centro della discussione, al centro della nostra società?

Andrea Maragno (Joe Velluto), artista e designer presso Jvlt, Vicenza ~ Si può (ancora) fare cultura attraverso l'industria?

Alfredo Häberli, designer, Zurigo ~ Ci stiamo oggi prendendo troppo sul serio, in quanto designer?

Majed Al Sabah, fondatore di Villa Moda, Kuwait ~ Perché il design non rispetta gli stili di vita religiosi?

Giulio Cappellini, architetto e imprenditore, art director di Cappellini, Milano ~ Quanto può il Progetto intervenire sul cambiamento delle nostre attitudini, quanto è giusto che modifichi la nostra storia, cultura, tradizione, quanto può intervenire su una visione futura senza snaturare il nostro comportamento?

Antonello Fusetti, direttore della Scuola politecnica di Design, Milano ~ Si può applicare il design e la cultura del progetto a settori solo apparentemente distanti come i beni culturali e il turismo? Potremmo parlare di un design dei beni culturali e di un design del turismo? Come fare nei prossimi anni a educare alla cultura del progetto e al valore estetico delle cose? Ci penserà l'Ikea o anche la scuola dell'obbligo insegnerà il design? Basterà inserire storia del design in storia dell'arte o si potrà spiegare la metodologia progettuale?

Massimo Pitis, graphic designer e art director, Milano ~ Oggi, nella generale latitanza della "politica", i designer hanno un'occasione inedita di svolgere un'azione strategica rispetto all'esistente. L'Unione europea fa fatica ad adottare modalità che permettano al design di incidere nella definizione delle strategie generali. Non parliamo del nostro governo nazionale. Ma guardando anche solo alla Lisbon Strategy e ai suoi obiettivi di indirizzo si fa fatica a capire come si sia potuto pensare di agire su argomenti come sostenibilità, accessibilità, diffusione della conoscenza, innovazione, senza il design. Al di là dell'adesione a gruppi di pressione (come il Bureau of European Design Associations, e altri) cosa possono fare i singoli designer per contribuire anche a livello sociale, oltre che economico, in questo delicato passaggio epocale?

Stefano Giovannoni, designer, Milano ~ L'aver considerato il Salone del mobile come il focus del proprio lavoro non ha fortemente limitato l'azione di molti designer a un settore sempre più chiuso e autoreferenziale? L'aver storicamente identificato la parola "design" con "design della casa" e di conseguenza "design del mobile", che a livello industriale ne è l'espressione spesso più arretrata in termini di tecnologia e di ricerca, non ha forse portato a una sostanziale contraddizione in un momento in cui da tutto il mondo e da aziende di ogni genere e tipologia occuparsi di design è diventata un'esigenza diffusa e un valore aggiunto da tutti riconosciuto?

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