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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2011 alle ore 17:39.

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Lynne Ramsay, regista di "We Need to Talk About Kevin" (a sinistra), con la protagonista del film Tilda Swinton (AP Photo)Lynne Ramsay, regista di "We Need to Talk About Kevin" (a sinistra), con la protagonista del film Tilda Swinton (AP Photo)

La bella addormentata Lucy
E' una favola nera fin dal titolo anche la storia raccontata da Julia Leigh, «Sleeping beauty», che vanta la produzione e la consulenza artistica di Jane Campion. La bella addormentata del titolo e' Lucy (Emily Browning), una ventenne senza padre e con una madre ubriacona e violenta che ha trasformato la sua solitudine e la sua mancanza di autostima in un'umiliante sequela di lavori malpagati e prestazioni sessuali prezzolatissime per vecchi facoltosi che convocano festini presso una villa, assoldando figuranti seminude.

L'attrazione principale diventa proprio Lucy, che aspetta addormentata (artificialmente) i suoi frequentatori, una galleria di personaggi tristi e squallidi. Solo noi spettatori vediamo, in parte, quel che succede fra gli anziani pervertiti e la bella addormentata, e quando lei vorrà acquisire almeno quella consapevolezza, come si conviene in ogni favola pagherà cara la sua curiosità. Se la storia di «We need to talk about Kevin» era narrata in modo originale, vivido e impavido, quella di «Sleeping beauty» e' purtroppo molto piu' scontata visivamente e narrativamente, rendendo il film inutilmente pretenzioso e insinuando nei critici di Cannes il sospetto che, se questo film fosse stato diretto da un uomo, sarebbe stato tacciato di veterovoyeurismo e non avrebbe avuto accesso al concorso.

Un certain regard
Bambini perduti infine anche nel poetico e delicato film di Gus Van Sant, «Restless», prodotto da Ron Howard e da sua figlia, l'attrice Bryce Dallas Howard, che vede protagonisti due adolescenti, Enoch (Henry Hopper, il figlio di Dennis) e Annabel (Mia Wasikowska, l'Alice di Tim Burton) nei panni di due adolescenti che hanno a che fare con la morte; lui perchè ne è ossessionato da quando ha perso entrambi i genitori in un incidente stradale e non ha neppure potuto dire loro addio; lei, perchè ha un tumore che le lascia solo pochi mesi di vita, e il padre assente e la madre ubriacona non possono in alcun modo accompagnarla verso il suo destino.

Sulla carta si direbbe un melodramma, ma anche se i due si incontrano fra funerali, obitori e cimiteri, il tono della loro storia d'amore non è mai macabro, anzi, è lieve e ispirato. Come in «Harold e Maude» di Hal Ashby, Annabel, che è vicina alla morte, riesce a far apprezzare a Enoch il valore della vita ed entrambi si regalano qualche mese di tregua rispetto alle proprie esistenze segnate dal lutto e dall'abbandono delle figure genitoriali.

Ma il personaggio più commovente del film rimane Hiroshi (Ryo Kase), il fantasma di un giovane kamikaze giapponese che appare a Enoch come un memento mori e, allo stesso tempo, come Annabel, lo invita a trattare con maggiore rispetto la morte e, di conseguenza, la vita. Il trio di giovanissimi attori in stato di grazia e la mano leggera e complice di Van Sant fa il resto, assicurando alla sezione Un certain regard un bel calcio d'avvio.

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