Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2011 alle ore 08:21.

My24

Recentemente in collaborazione con Guy Orban dell'Università di Lovanio e Giuseppe Luppino del nostro Istituto abbiamo identificato nella scimmia i circuiti che portano alla formazione dei neuroni specchio (si tratta di un esperimento tecnicamente complesso. La descrizione verrà fatta con diapositive a New York). I risultati (fMRI e anatomici) hanno mostrato che il circuito specchio per il movimento della mano consta di due branche: una che parte dal labbro superiore dell'area Sts (un'area visiva di ordine superiore) e fornisce informazioni generali sul movimento osservato, l'altra che parte dal labbro inferiore della stessa area e dà informazioni precise sui rapporti mano-oggetto. Entrambi i circuiti sono a doppio senso. Non vanno, in altre parole, solo dalla periferia visiva verso i centri motori, ma anche dai centri motori verso le aree visive.
Questa osservazione ci permette di spiegare un esperimento, appena pubblicato, che abbiamo condotto assieme ai ricercatori del l'Università di Tubinga. Abbiamo esaminato se i neuroni dell'area premotoria di scimmia codificassero solo il fatto che l'individuo osservato compiva un'azione, o distinguessero azioni osservate da diversi punti di vista (visione di lato, visione egocentrica eccetera). I risultati hanno mostrato che un'alta percentuale di neuroni, tutti motori, codificava gli aspetti visivi dell'azione. È stato un risultato inatteso. Bisogna tenere presente, infatti, che i neuroni funzionano come una rivoltella. Quando il grilletto è stato premuto (cioè l'intensità del l'attivazione è sufficiente), la pallottola (l'informazione in uscita dal neurone ossia il potenziale d'azione) parte. Una volta che la pallottola è partita, l'informazione su chi ha premuto il grilletto è persa, così anche nel caso dei potenziali d'azione l'informazione su chi li abbia generati è persa. Allora a cosa serve avere neuroni motori sensibili a un orientamento visivo, specifico?
L'ipotesi che abbiamo avanzato è che i neuroni che codificano un determinato orientamento sono legati mediante connessioni "top-down" con neuroni delle aree visive, ad esempio con i neuroni Sts. Quindi quando un neurone specchio "spara" avvengono due processi. Il primo attiva, come discusso sopra, i centri motori e permette la comprensione del significato generale dell'azione; l'altro mediante connessioni discendenti (top-down) determina l'attivazione dei neuroni posti nelle aree visive mettendo in luce i dettagli dell'azione osservata. Il legame ("binding") tra attivazione motoria che ci fa capire il senso generale dell'azione e quella delle aree visive che ci permette di capire i dettagli delle azioni determina la piena percezione degli stimoli.
Spinti da queste considerazioni, abbiamo esaminato la dinamica delle attivazioni corticali nell'uomo durante l'osservazione di azioni, usando la registrazione elettroencefalografica ad alta densità. Il risultato più importante è stato che, dopo un'iniziale attivazione delle aree visive e motorie, ricompare un'eccitazione delle aree visive. Interferire con questa onda (stimolazione magnetica transcranica) compromette l'accuratezza con cui il soggetto riconosce l'azione.
Questi dati suggeriscono che la percezione degli atti motori altrui si svolge in tre stadi: un'elaborazione preconscia degli stimoli visivi; l'attivazione mediante il meccanismo "mirror" del sistema motorio del l'individuo (questo è il momento in cui il soggetto diventa cosciente di ciò che vede); ritorno alle aree visive per acquisire coscienza dei dettagli degli stimoli. È ovvio che questa descrizione di come avviene la percezione degli atti motori altrui ribalta la visione classica della percezione che assegnava un ruolo predominante alle aree sensoriali e associative, mentre negava ogni importanza nella percezione all'attivazione motoria. È da notare però una somiglianza tra questo modello percettivo e quello di Hochstein e Ahissar, che qualche anno fa proposero una gerarchia "inversa" nella percezione visiva con la percezione globale cosciente che precede quella dei dettagli, nonostante che siano questi, i dettagli che, in forma automatica (non cosciente), permettono la visione globale.
Un aspetto importante della scoperta del meccanismo specchio è la dicotomia tra comprensione degli altri dall'interno (una partecipazione empatica con quanto gli altri fanno o provano) e una comprensione oggettiva inferenziale delle intenzioni degli altri. È stata avanzata l'ipotesi che l'incapacità di capire gli altri dall'interno sia un "landmark" di certe malattie e in particolare del l'autismo. Mentre sono convinto che questo concetto sia fondamentalmente giusto, mancano ancora molti elementi, descrittivi delle varie sintomatologie che formano lo spettro autistico e soprattutto concernenti i rapporti causali tra i deficit motori presenti nell'autismo e i sintomi classici dello spettro autistico (deficit della comunicazione, delle interazioni sociali, comportamenti stereotipati) per definire un convincente quadro anatomo-funzionale dell'autismo, inclusivo del deficit del meccanismo specchio. Questa è la sfida che ci aspetta nei prossimi anni.
© RIPRODUZIONE RISERVATAneuroscienziato Giacomo Rizzolatti (Università di Parma) è lo scopritore dei neuroni specchio, le cellule motorie del cervello che si attivano sia durante l'esecuzione di movimenti finalizzati sia osservando gli stessi movimenti eseguiti da altri individui. La scoperta pone le basi per la ricerca sulle basi fisiologiche dell'empatia. Ai vent'anni del «Mirror mechanism» Rizzolatti ha dedicato la prima delle «Antonio Meucci Lectures» organizzate dall'Istituto italiano di cultura di New York diretto da Riccardo Viale

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi