Marco sente il cuore sfondargli il petto mentre stringe l¹acciaio della Beretta 98 sotto i neon del corridoio della centrale. Nella sua carriera nei Nocs, i reparti scelti della polizia di Stato, non aveva mai visto nulla di simile. Tra i tavoli degli uffici, dietro le scrivanie, vicino alle sedie rovesciate ci sono i corpi di una mezza dozzina di colleghi. Freddati da killer che sono ancora nell¹edificio.
Respirare, bisogna respirare, tenere l¹adrenalina alta, non farsi prendere dal panico mentre si mette un passo dietro l'altro, un'occhiata dietro l¹altra. La macchina del caffè. Le scrivanie. La pianta. Questione di un attimo. Due sagome che spuntano, le pistole, i lampi, il buio.
«Sei passato a miglior vita», ridacchia dalle tenebre una voce. È quella di Davide Padovan, veronese, 45 anni, appassionato speleologo ed ex pubblicitario ma soprattutto fondatore di Urban 9mm, primo poligono virtuale al mondo aperto al pubblico. Marco (nome di fantasia), che è davvero un Nocs, è stato ucciso virtualmente da killer proiettati su un enorme schermo in una delle sale di simulazione. E nella finzione del video la morte è rappresentata da un¹improvvisa dissolvenza in chiusura.
Urban 9mm è stato aperto in febbraio, senza troppo clamore, in un grosso stabile della periferia ovest di Milano. La struttura è composta da sedici sale di simulazione profonde 11 metri e larghe 9, dove vengono proiettati i filmati interattivi in dimensioni reali, e da un grande spazio dedicato al Cross Fit, uno sport particolarmente duro nato dall¹addestramento dei corpi speciali che unisce varie discipline (corsa, manubri, anelli da ginnastica, sbarre per trazioni). Cinquemila metri quadri in tutto.
Non ci sono armi vere, solo riproduzioni fedeli che sparano raggi laser su scenari bidimensionali. L¹idea a Padovan è venuta dodici anni fa, ma il progetto del poligono virtuale è decollato solo di recente, con l¹arrivo di un finanziatore e la consapevolezza che al mondo esistono solo quattro strutture d'avanguardia: tre negli Stati Uniti e una in Inghilterra, «che però ha puntato sulla tecnologia dei caschi 3D - spiega Padovan - non ancora a un buon livello: provocano vertigini e senso di vomito».
Il poligono virtuale, costato meno di un grande fitness center e ospitato nei locali di una Fondazione per i diritti civili, è stato aperto dopo lunghe e minuziose ricerche di marketing, «con oltre duecento interviste in cui nessuno si è dichiarato espressamente contrario al progetto», sottolinea Padovan, che ha studiato nei minimi dettagli anche le caratteristiche architettoniche della struttura. Solo in Lombardia ci sono 32 poligoni, quasi tutti obsoleti, e gli iscritti a quello di Milano sono ben 11mila con 3.550 presenze al mese. Un bacino interessante per Urban 9mm.
Il poligono punta su due tipi di clienti: dilettanti e professionisti. E abbatte subito gli stereotipi: tra i frequentatori abituali ci sono sì i patiti di videogame e softair (ossia i giochi di guerra nei boschi con le armi ad aria compressa), ma anche psicologi, insegnanti di catechismo, operai, artigiani. Vanno forte anche le sparatorie collettive per gli addii al celibato. «Noto poi che l'esperienza del tiro si rivela estremamente rilassante per le donne - spiega Padovan -: si concentrano sul target mettendo da parte le loro preoccupazioni, esattamente come accade per esempio nell¹esperienza del tiro con l'arco».
I professionisti sono quelli dei corpi speciali, dai Nocs della Polizia ai Gis dei Carabinieri, che a causa dei tagli alla spesa pubblica devono fare i conti con simulatori obsoleti. Ma ci sono anche campioni sportivi di tiro dinamico, come l'azzurro Daniele Barbizzi. Il valore aggiunto, per loro, sono i database con le statistiche personali dei tiratori, che permettono di scoprire i propri punti deboli e di lavorare per migliorarsi. Naturalmente è prevista la possibilità di simulare missioni notturne, sotto stress fisico, oppure cooperative (di gruppo) in teatri operativi, con squadre che possono arrivare fino a sei tiratori.
«Il grande vantaggio, rispetto a un poligono tradizionale, è che qui si può effettuare un tiro dinamico, cioè muovendosi, contro un bersaglio a sua volta mobile: il software si interfaccia con gli spostamenti del tiratore grazie a uno speciale giubbotto magnetico, che tra l'altro sente quando si viene colpiti». Per entrare nel poligono non è necessario il porto d¹armi, basta pagare un'iscrizione annuale più una trentina di euro per una sessione di tiro da 45 minuti, arma e fondina incluse. All¹interno delle sale di simulazione, poi, si può scegliere tra diversi scenari (le demo si possono vedere sul sito di Urban 9mm, che ha un canale anche su You Tube). «C'è un unico punto fermo - spiega Padovan -: gli scenari dove si spara a figure umane sono riservati ai professionisti. I dilettanti possono scegliere tra le sagome da poligono e atmosfere un po' da fumetto come la sfida contro gli zombie girata tra le rovine del seicentesco forte di Fuentes di Colico, sul lago di Como». Oltre alle ambientazioni acquistate negli Stati Uniti (la sparatoria alla centrale di polizia, i terroristi al parco, il posto di blocco in Iraq) Padovan infatti è in grado di creare nuovi scenari virtuali attraverso le realizzazioni di filmati interattivi, «magari d'epoca, come la Chicago dei gangster o il Far West».
Anche sulla formazione c'è l'imbarazzo della scelta. Oltre a quella di base per sparare o per sport da combattimento come il Jiu Jitsu brasiliano, il kickboxing o le Mma, ci sono anche stage di alto livello con Tony Blauer, guru mondiale nello sviluppo di tecniche anti-aggressione e tattiche di combattimento ravvicinato (sarà il 16-17 luglio a Urban 9mm). Oppure seminari con Dave Grossman, autore del best seller On Combat, dedicato alla dinamica fisiologica e psicologica dell'essere umano mentre si trova in combattimento, con le conseguenti distorsioni di percezione spaziale, temporale, visiva, uditiva, ma anche i meccanismi di difesa che il corpo e il cervello attivano in automatico.
Padovan è infaticabile nel girare l'Italia alla ricerca di contratti con le forze dell'ordine, così come era infaticabile da speleologo nell'esplorare e mappare i misteri del sottosuolo di grandi città come Milano. Ammiccando a Fight Club (da buon pubblicitario), la prima delle otto regole fondamentali del poligono in bella vista sul sito è «non parlate di Urban 9mm». La seconda: «non dovete mai parlare di Urban 9mm». Il suo sogno nel cassetto? Dare vita a un franchising europeo dei poligoni virtuali, con l'esclusiva sul prodotto. Ma anche questo è top secret.
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