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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2011 alle ore 20:09.

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«La scala ha il marmo lisciato e consunto dai molti piedi di pellegrini che l'hanno calcato» racconta D'Andria. «Ma l'emozione più forte l'ho provata nel vedere l'architrave in travertino della tomba, consumato così tanto dal tocco dei pellegrini da sembrare alabastro». D'Andria parla poi di un graffito sulla cornice della tomba che disegna un monte con sopra una croce (Hierapolis o il Golgota?), di un mosaico che raffigura dei pesci, e delle monete di bronzo di IV e V secolo trovate negli interstizi delle lastre pavimentali della tomba: «Segno chiarissimo di devozione, sono probabilmente le sole sopravvissute tra molte, dopo che nel XII secolo i Selgiuchidi trasformarono la tomba in abitazione».

Dunque la tomba è stata in effetti già scavata e indagata, ma nessuno si attendeva di trovare delle ossa che - come si narra - furono portate a un certo punto a Costantinopoli e poi a Roma, dove riposano assieme ai resti di Giacomo nella chiesa dei Santi Apostoli. Sono però troppi gli indizi e le coincidenze per non convincersi che è proprio quello il luogo dove, secondo la tradizione, Filippo fu sepolto dopo essere stato inchiodato a un albero a testa in giù dal proconsole di Hierapolis, adirato con lui perché aveva convertito molti cittadini e persino la propria consorte. Ci sono innanzitutto i noti testi di II e III secolo che riferiscono della famosa tomba, come la lettera del vescovo Policrate di Efeso a Vittore di Roma che cita i sepolcri di Filippo a Hierapolis e di Giovanni a Efeso, o la digressione sulle «due stelle d'Asia» di Eusebio di Cesarea. Ma ci sono poi gli importanti risultati delle indagini archeologiche italiane di questi ultimi anni che hanno chiarito come il Martyrion non fosse isolato ma facesse parte di un santuario grande e ben organizzato per accogliere i pellegrini.

Dapprima è stata individuata da satellite e poi portata alla luce la grande scalinata in travertino che dalle mura della città saliva all'altura. Alla sua base c'era un ponte su un torrente (ora crollato, ma D'Andria progetta di ricostruirlo) con accanto un inedito edificio termale a pianta ottagonale (proprio come il Martyrion, segno di un complesso architettonico omogeneo). Lì evidentemente i pellegrini si purificavano prima di salire al luogo sacro, mentre giunti sulla cima potevano dissetarsi con l'acqua fresca di una bella fontana. Potevano poi riposare la notte nelle molte stanze che circondano il Martyrion, per entrare forse in diretto contatto con il santo attraverso la diffusissima pratica dell'incubazione.

E le due chiese sull'altura? Semplice. Sciolgono finalmente un enigma curioso. Su uno stampo per il pane in bronzo di dieci centimetri di diametro, ora conservato al museo di Richmond in Virginia, è incisa al centro l'immagine di Filippo in veste da pellegrino, e ai due lati due edifici sulla sommità di due scalinate. L'uno è a pianta centrale (il Martyrion, forse un tempo la sede delle cerimonie e processioni), mentre l'altro rettangolare e con una lampada appesa all'ingresso allude al sepolcro del santo. Era dunque una sorta di fotografia del santuario del VI secolo, che veniva consegnata in forma di pane ai pellegrini lì giunti. Poi, si sa, il terremoto del secolo successivo ha causato l'abbandono della città e anche del santuario. Ha quasi cancellato la vita tra le candide terrazze di travertino. Ma non la memoria. Quella è terra che parla da sé, terra da sempre tremante che fa sgorgare acque al contempo miasmatiche, spettacolari e salutari. Terra seducente proprio perché pericolosa. Fu quasi inevitabile collocarvi in antico l'oracolo di Apollo, e poi il santuario cristiano. Oggi il moderno turismo culturale e il modaiolo pellegrinaggio ai bagni termali superano di gran lunga le processioni religiose al santuario dell'apostolo, ma chissà. La nuova scoperta sarà sicuramente capitalizzata da una Turchia fortemente impegnata a incrementare il turismo religioso cristiano nelle sue terre.

Francesco D'Andria presenterà ufficialmente la scoperta della tomba dell'apostolo Filippo il 24 novembre prossimo a Roma presso la Pontificia Accademia Romana di Archeologia

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