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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2011 alle ore 20:13.

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È l'esempio opposto, di epoca successiva: l'interesse privato che ha prevalso su quello pubblico», continua. Chissà quante volte avrà fatto questo esempio ai suoi studenti, alludendo alla storia recente della Tunisia. «Oltre 800 reperti archeologici sono stati trovati nelle dimore di Ben Ali. Le voci giravano, ma non c'erano le prove. E anche se le avessimo avute, denunciare significava perdere il lavoro e finire in prigione». È stato forse quando l'interesse privato ha prevalso sul quello pubblico che è iniziato il misterioso declino di Dougga, nel IV secolo d. C.? «Sì - risponde - è una delle possibili spiegazioni: abbiamo visto che via via le fogne si sono ostruite, l'acquedotto, i servizi pubblici hanno cessato di funzionare, i ricchi si sono trasferiti in campagna, e pian piano la città è stata seppellita».

A poca distanza dal sito archeologico, e sui muri di ogni città e paese, sono dipinte in due file orizzontali un centinaio di cornici nere numerate: i "panneaux de libre expression". Qui vengono incollati i manifesti elettorali dei più di cento partiti candidati alle elezioni costituenti di domenica prossima. Difficile scegliere. Difficile sapere per chi si sta votando. «La nostra è stata una rivoluzione popolare, che non ha nulla di ideologico. Una rivoluzione per la libertà, la dignità, l'equità sociale e il lavoro - spiega il nuovo ministro del Commercio e del turismo, l'ingegnere Mehdi Houas. È nato in Francia. Suo padre, dopo essersi battuto per vent'anni per l'indipendenza della Tunisia, la lasciò per dissidi con il primo presidente, Habib Bourguiba. Ora Houas ha deciso di lasciare la sua società informatica in mano ai soci e lavorare per il suo paese liberato: «Il fatto che la nostra sia stata una rivoluzione popolare ha un vantaggio: che non si tornerà indietro. E uno svantaggio: che non c'è un leader».

Tra i cento partiti, molti fanno capo a imprenditori legati al regime, e uno, islamista, Ennahda, rischia di avere il 20-30% dei voti. È un partito ricco, fa molta pubblicità ed esiste da 30 anni (ma non era riconosciuto). Si dice anche che regali soldi casa per casa nei quartieri più poveri e paghi chi ascolta i suoi comizi. Giornali locali riferiscono che fa «beneficenza».
«Bisogna che queste elezioni "riescano"» afferma Houas, convinto però che il popolo saprà scegliere chi votare e che non vorrà abbandonare il suo stile di vita libero dalle imposizioni dell'islam radicale. «L'Europa non ha capito quel che stava accadendo in Tunisia e non ha inviato subito gli aiuti promessi. Anzi, li ha vincolati al buon esito delle elezioni. Ma questi erano necessari per avviare il paese verso la costituente. Non possiamo rilanciare un'economia senza soldi, senza credito. Siamo forse diventati un paese meno affidabile perché non abbiamo più un dittatore?»

Non appena le statistiche ufficiali sono state ripulite dalle falsificazioni del regime, il "miracolo economico" propugnato al mondo intero da Ben Ali ha lasciato spazio alla desolazione: il dissesto dell'economia è grave, la disoccupazione al 24%. «Un ragazzo che è pronto ad attraversare il mare su un barcone di clandestini non si ferma con un muro, e nemmeno con polizia, l'unico modo è dargli speranza, fiducia nella possibilità che la situazione in Tunisia si risolva» afferma Houas. «Abbiamo 200mila laureati senza lavoro» aggiunge accorato Beschaouch, secondo cui i quattro partiti di sinistra e centro sinistra dovrebbero avere più del 50% dei voti, e potrebbero dunque fare fronte comune contro gli estremisti. «La Tunisia è parte del gioco Mediterraneo, ha un destino comune con Italia e Francia. È importante che l'Europa ci aiuti!»

Poco prima, l'anziano archeologo, mostrandoci le rovine di Cartagine aveva spiegato che fu solo per ragioni commerciali che Roma decise di farle guerra. Voleva conquistare il mercato della Sicilia e della Spagna, e impossessarsi del grano, delle viti e dell'olio, che all'epoca in Italia scarseggiava. «E, come è accaduto poi molte altre volte, mascherò l'imperialismo economico con la propaganda politica. I cartaginesi furono descritti come barbari che mettevano i bambini nel forno. Mentre i sacrifici umani, che comunque si facevano solo quando la città doveva fronteggiare un pericolo terribile, erano già finiti nel V secolo a.C.. Lo dimostrano i ritrovamenti archeologici e i testi in lingua punica che ringraziano il dio Ba'al per aver permesso di offrire animali al posto dei fanciulli, un po' come accade nel sacrificio di Isacco». «A Cartagine si insegnavano il greco e il latino. Dal punto di vista architettonico e culturale la città era parte della civiltà mediterranea, che era un'unica grande civiltà». Come potrebbe essere oggi, se le elezioni "riusciranno".

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