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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2011 alle ore 08:13.

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Tutto questo, in termini generali e purtroppo approssimativi, relativamente alla poesia, la cui stupefacente originalità e bellezza hanno comunque trovato il modo, sia pur graduale, di venir riconosciuto da strati sempre più ampi di lettori.
Altrettanto vi sarebbe da dire su tutta la parte, diciamo riflessiva, della produzione, quella che si è esercitata nella prosa, sia circoscritta a saggi e interventi su autori italiani e stranieri, sia relativa a temi di poetica personale e di teoria letteraria (soprattutto in Fantasie di avvicinamento, 1991 e Aure e disincanti, 1994), ove la precitata vastità del retroterra culturale appare sempre innervata da una straordinaria tensione inventiva; prosa che si è espansa anche in struggenti prove di invenzione narrativa, di cui è specimine squisito il volume Sull'Altopiano.
Ma che dire, ora, della persona, del l'amico forse più caro, che per tanti anni ho avuto il privilegio di accompagnare nella sua ricerca, ardua e, per parte sua, letteralmente insaziabile, e con il quale si era venuto creando un vero e proprio rapporto di complicità intellettuale? Ciò che si aggiunge, nella circostanza presente, è l'esperienza traumatica, reale, di una lontananza irreparabile unitamente alla percezione della sua prossimità. Con le parole di un autore frequentato anche da Andrea, diremo allora che è l'esperienza del «dolore per la prossimità del lontano».
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