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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2012 alle ore 19:00.

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La mia domanda in realtà era: esistono proposizioni che possono dirsi filosofiche? Wittgenstein rispondeva di no. A suo parere, quelle che sembrano proposizioni filosofiche, in realtà esprimono sempre confusioni del pensiero: non bisogna reagire negandole, ma dissolvendo la confusione che spinge qualcuno a enunciarle.

Io non penso che ci si debba attenere del tutto a questo puritanesimo filosofico. È giusto dire che il filosofo cerca di comprendere piuttosto che di conoscere; ma la comprensione che va cercando, se la trova, lo porterà a certe proposizioni piuttosto che ad altre. Dobbiamo distinguere tra due domande: 1) Esistono genuine proposizioni filosofiche - la cui asserzione sarebbe giustificata da una comprensione corretta? 2) La filosofia è mai riuscita a stabilirne qualcuna?
Per rispondere di sì alla domanda 1) le questioni genuinamente filosofiche devono esistere perché la risposta, anche se per ora non la conosciamo del tutto o forse non c'è, sarà una proposizione filosofica. Le questioni genuinamente filosofiche mi sembrano esistere davvero. Eccone alcune. Il libero arbitrio - e dunque il concetto di merito (del meritare il bene o il male) - è compatibile con un rigido determinismo fisico? Il concetto di reincarnazione ha senso? È razionale pregare perché qualcosa non accada, quando non si sa se è già accaduta o no, o chiedere a Dio di fare l'impossibile, per esempio di cambiare il passato? Molte espressioni del nostro linguaggio sono vaghe: la vaghezza è un fenomeno puramente linguistico, oppure in qualche modo esiste in natura?

Quando due persone vedono una cosa e dicono che è "rossa", possono sapere se hanno avuto davvero la stessa sensazione visiva? Dobbiamo essere cauti nello strutturare le nostre domande filosofiche. Per Wittgenstein, esse sono tutte espressioni di confusioni del pensiero, e può darsi che anche qualcuna di queste lo sia; certamente oggi dovremmo pensare che ad alcune questioni poste in passato dai filosofi manca una risposta chiara, e che la legittima risposta sta in una chiarificazione che rende impossibile continuare a porre la domanda nella sua forma originale, e quindi la dissolve; in questo modo ci liberiamo di uno pseudo-problema.

A mio parere comunque è improbabile che domande come quelle elencate sopra si possano dissolvere così: esse esigono risposte, e le risposte vere saranno verità filosofiche. Che non chiamerei teoremi filosofici, perché il ragionamento filosofico non è mai stringente come quello matematico. Ma a che cosa serve la filosofia se essa non cerca, o è incapace di cercare, risposte a simili domande?
Cercandole, noi dobbiamo sicuramente studiare i testi del passato ma con gli occhi puntati sulla ricerca della soluzione ai nostri problemi.
Quanto alla domanda 2) che coincide con precisione con quella che mi pone Vattimo, è ben noto, e lo scrivevo già nel mio articolo, che esistono poche proposizioni filosofiche stabilite in modo soddisfacente per tutti. Un buon candidato: le relazioni tra due o più cose non possono in generale essere ridotte a proprietà di queste cose. Eccone un altro: esistenza e numero non sono proprietà delle cose, ma di generi di cose. E sarei tentato di aggiungere: il corpo e l'anima non sono sostanze distinte unite in maniera contingente; ma si potrebbe dire che tale proposizione, anche se quasi universalmente condivisa, non è stata definitivamente stabilita. E non deve scandalizzare se molto spesso le cose, in filosofia, stanno così, perché ciò non ci impedisce di pensare di avere comunque fatto dei progressi rispetto alle visioni precedenti.

Le proposizioni filosofiche sono fondate: ma non sulla derivazione logica degli assiomi né sull'osservazione dei fenomeni naturali, neppure in ultima analisi, ma su una migliore comprensione del nostro stesso pensiero.
Migliorando questa comprensione, arriviamo a vedere il mondo correttamente. Vattimo sostiene che «è solo offrendo interpretazioni coerenti di testi e parole tramandati ... che la filosofia costruisce e ricostruisce continuamente la concezione della realtà». Ma dire così significa pensare che la filosofia è qualcosa di simile a una scienza occulta. Sono le scienze occulte che hanno bisogno di far riferimento solo a testi tramandati. Ma la filosofia dispone anche di una facoltà, la ragione, cui già si affidavano i primi filosofi, che - essendo appunto i primi - non avevano testi tramandati. Far riferimento ai talvolta può essere utile, ma talvolta non lo è. In realtà, potremo davvero scoprire fino a che punto erano giuste le intuizioni dei filosofi del passato soltanto quando avremo risolto - o, con Wittgenstein, dissolto, o perlomeno chiarito - i problemi che ci confondono. Problemi che, certo, in molti casi, proprio i nostri antenati hanno avuto il merito (o il demerito) di porci.

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