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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2012 alle ore 08:16.

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Il secondo elemento è il talento creativo, l'inventiva che li mette in grado di fabbricare mondi e personaggi fantastici. Gaber è riuscito a scrivere una canzone sullo shampoo; ma gli EelST sono riusciti a scrivere canzoni su figure da mitologia metropolitana come Supergiovane, o Shpalman, o l'Uomo del Giappone, che sembra preso da un film di Lynch, o l'indecifrabile Vitello dai piedi di balsa. Una variante di questa vocazione fantastica è la fizionalizzazione di un dato reale, cioè il ricamare con l'immaginazione attorno a una cosa o a una persona che esistono realmente. «A volte lui se ne va via, non mi sta neanche ad aspettare / mi lascia con Bitossi, mi sembra di impazzire». Questo è il ciclista Felice Gimondi che parla di Merckx, anzi canta del suo rapporto di odio-amore con Merckx in un assurdo crescendo alla Massimo Ranieri (Sono Felice).
Il terzo elemento è il modo in cui gli EelST manipolano la lingua italiana. In Vite bruciacchiate, Elio racconta di com'è nata la sua prima canzone: «A casa sua composi Giorgio légnami, canzone sul problema dell'incomunicabilità, leggendo un bigliettino della ditta San Giorgio Legnami» (pag. 18). Qui c'è già in nuce molto di quello che si troverà nelle canzoni future: l'ironia sulle paturnie degli intellettuali (l'incomunicabilità è uno strascico di Antonioni), la caratterizzazione non proprio politically correct del rapporto uomo-donna (uno mena e l'altra incassa, e non le dispiace) e, soprattutto, l'uso delle parole più per il loro suono che per il loro senso, un talento surrealista che porterà a delizie come «Catoblepa catoblepa, io ti dono le mie Tepa». E in realtà la manipolazione non si ferma all'italiano, dato che gli EelST hanno dedicato una canzone in simil-milanese allo Zelig, e sono riusciti a convincere James Taylor (James Taylor!) a cantare una canzone in finto-inglese che dice tra l'altro «How you call you? / How many years you have? / From where come? / How stay?».
Per tutto questo, e molto altro, gli EelST si sono meritati le loro due pagine nel bel libro Modernità letteraria a cura di Andrea Afribo e Emanuele Zinato (Carocci 2011), nel capitolo Canzone scritto da Paolo Giovannetti. Il libro fa il punto sulla cultura italiana degli ultimi quarant'anni, e brulica di poeti suicidi o aspiranti suicidi o tenuti su dagli ansiolitici, e da professori di filosofia che aspettano la fine dei tempi o la fine del Capitalismo chiosando Heidegger. Poi uno arriva a pagina 275 e c'è il Pippero, e la sensazione di sollievo è tale da far rimpiangere il fatto che un simile distacco, una simile autoironia e un simile humour non siano stati più presenti nella letteratura e nella saggistica "serie" degli anni 1970-2010. Non solo per i lettori, anche per gli autori.
Sarà interessante vederli invecchiare. È sempre interessante vedere come la gente invecchia, ma nel caso dei divi del pop lo è ancora di più, perché i capelli bianchi sono un po' in contraddizione con la parte che si sono assegnati, o che qualcuno gli ha assegnato a vent'anni: e non tutti sono Mick Jagger. Quanto agli EelST, poi, c'è da tenere conto del fatto che questi instancabili sabotatori della retorica giovanilista hanno, per trent'anni, parlato in continuazione di giovani: i tredicenni in Tapparella, i ventenni in Cara ti amo e in Servi della gleba, gli ex-giovani che non si rassegnano in Storia di un bellimbusto. Mi pare che Elio abbia detto una volta che la prossima frontiera sarà la morte: ridere della morte, questo accidente così sopravvalutato (lo stimolo gli veniva dai Monty Python, i fratelli in spirito degli EelST, che durante un'intervista avevano imbastito una gag facendo cadere a terra l'urna contenente le ceneri di uno di loro, morto qualche mese prima). Riuscire a far ridere – ma ridere davvero, non ridere amaro – della morte: li aspetto a questa prova, assolutamente degna di loro.
È cominciato il nuovo tour degli EelST. S'intitola Enlarge Your Penis (www.elioelestorietese.it). Interessa tutti.
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