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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2012 alle ore 08:18.

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Pastore protestante e storico del cristianesimo
Anche le formiche nel loro piccolo hanno un'anima (peraltro immortale)
Eminenza, la Sua risposta al veterinario F.M. di Bergamo aggira la questione posta e lascia le cose come stanno. Ella trascura il fatto che dal 1996 con un documento della Chiesa è stata riconosciuta la verità scientifica dell'evoluzione biologica da una comune origine di tutte le forme di vita, anche se interpretata finalisticamente (cioè antiscientificamente) come indirizzata verso la formazione della specie homo. I teologi, già alcuni decenni prima (e cito solo il paleontologo Teilhard de Chardin) hanno cercato di superare tutte le difficoltà dottrinali conseguenti a incominciare da quella del peccato originale, senza il quale cade tutta la cristologia.
Poiché vi sono alcune interpretazioni teologiche che attribuiscono l'immortalità dell'anima anche agli animali non umani, mi domando se questa sia da attribuire a tutti gli animali, compresi gli insetti come pulci, zecche, zanzare, e perfino ai batteri. Oppure la sopravvivenza è limitata solo agli animal dotati di coscienza? Già il filosofo dei diritti degli animali Tom Regan aveva sospeso il giudizio sulla presenza di coscienza perfino per animali come le galline. Figuriamoci per gli insetti. Chi siamo noi per poter escludere scientificamente uno stato di coscienza per insetti, molluschi e crostacei (per esempio)? Ma vengo alla questione principale, che mi sta soprattutto a cuore. Io rimprovero alla Chiesa di continuare a considerare il diritto naturale di avere ereditato un concetto di diritto naturale che è quello stesso che nell'età moderna fu sostenuto da Grozio, Pufendorf, Locke, Leibniz, Montesquieu, Kant e altri, cioè come diritto della ragione. Ma allora non si tratta di giusnaturalismo bensì di giusrazionalismo. Fatta questa lunga premessa rilevo che ancor oggi assurdamente la Chiesa non ritiene peccato di cui bisogna confessarsi ciò che per la legge (almeno sulla carta) è reato: il maltrattamento degli animali. E questo è assai grave da parte della Chiesa, che, inoltre, continua a conservare un complice silenzio sulla maggiore crudeltà della macellazione ebraico-islamica. Eminenza, i cristiani vegetariani o comunque sensibili alle sofferenze degli animali non umani (odio il termine «bestie») non si sentono rappresentati dalla Chiesa e le chiese si stanno svuotando sempre di più anche per questo. I vegetariani in Italia hanno superato i 6 milioni e sono in crescita costante. Io, che ho studiato sempre in istituti religiosi dalle elementari, sono agnostico dall'età di 20 anni e vegetariano dall'età di 10 anni, e ne ho 72. Sono in pensione da due anni come professore universitario di storia della filosofia. È in corso di stampa un mio dialogo teologico intitolato Addio a Dio. I diritti d'autore sono devoluti ad una associazione animalistica.

Il dolore e la sofferenza delle bestie al macello
Eminenza, premesso che da tanti anni leggo sempre con interesse e viva partecipazione quanto scrive su argomenti che riguardano la "mia" religione, confesso di essere rimasto un po' insoddisfatto per la Sua risposta al Sig. F.M.
È ben vero che Ella all'inizio conferma che la questione è molto complessa e avrebbe potuto affrontarne solo qualche aspetto, ma mi perdoni, mi aspettavo che si pure di sfuggita Ella affrontasse due aspetti che a mio avviso sono molto importanti.
Primo, le sofferenze alla quali sono molto spesso sottoposti gli animali destinati al macello. Anni fa, per lavoro, ebbi occasione di visitare uno dei più grandi e attrezzati macelli d'Italia, ed è ben vero che potei constatare come venivano uccisi con un colpo solo, ma le povere bestie già prima avevano perfettamente capito tutto, ed erano chiaramente terrorizzate. Il dolore non è soltanto fisico, ma anche psicologico, e gli animali soffrono, godono, si rallegrano, hanno paura, e quant'altro esattamente come noi.
Secondo. Io mangio carne e pesce, lo confesso. Noi uomini siamo l'ultimo anello della catena alimentare e quando uccidiamo un animale per soddisfare un'esigenza alimentare rientriamo in un meccanismo "naturale", non c'è dubbio. Ma uccidere per divertimento no, questo non è ammissibile per un cristiano, e il mancato riferimento alla caccia e alla pesca sportiva confesso che mi lascia perplesso.

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