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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2012 alle ore 15:58.

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Pierluigi Cappello in uno scatto della fotografa Maria Cecilia CamozziPierluigi Cappello in uno scatto della fotografa Maria Cecilia Camozzi

In genere, per fumare, mi avvicinavo a una grande porta a vetri profilata in alluminio, poco lontana dalla macchinetta. Li ho visti arrivare così: un riflesso dentro un vetro. Due infermieri da terapia intensiva, le mascherine slacciate che pendevano sul petto, una decorazione.

Lui tirava il letto con una sola mano, davanti, lei, dietro, lo spingeva con tutte e due. Hanno parcheggiato il letto davanti alla macchinetta, di traverso, in modo che biciclette, uomini e carrelli dovevano fare un giro largo per evitarlo. Il letto era uno scoglio dentro un fiume. Su quello scoglio c'era il corpo di un essere umano, un uomo che camminava, scalzo, sulla lama affilata che separa la vita dalla morte, c'era anche un respiratore, quelle palle di gomma nere che si vedono nei telefilm americani, alla spalliera un monitor: registra pressione, frequenza cardiaca, saturazione, è dotato di un allarme nel caso il malato dovesse dar segno di andare al creatore. Tubi in lattice, flebo, cateteri, aste e sostegni d'alluminio completavano l'equilibrio di quel quadro, a metà tra il tecnologico e il cigolante.

Gli infermieri erano entrambi belli o così, magari, è parso a me che ogni giorno vedevo passare dentro i letti corpi di vecchi attraversati dal bisturi, qualcosa di disordinato e contratto, il corpo di un ragno schiacciato nel disordine delle lenzuola. Dove c'è la bellezza, la violenza assume proporzioni più intense, la bellezza diventa un sorriso crudele. Sono rimasti lì un bel po', hanno bevuto il caffè, hanno scherzato. Una bella donna bruna vestita di verde, gli occhi color bosco vivo, un seno pieno e l'aria di bersi il sole con un sorso soltanto, un uomo bruno, dal sorriso sano, gli avambracci scuri e le mani forti.

Tra loro e noi, la distanza che c'è tra l'iperuranio dell'uomo di Leonardo raffigurato sulle monete da un euro e l'inferno. L'inferno è una dimensione così, domestica. Poi se ne sono andati, con calma, portandosi via il mio sguardo, le lacrime che erano mie. So che mi sono vergognato e mi sono sentito come un magredo arso, una scarpata di sassi. Deposto il cuoio e il bronzo delle nostre difese, piangere è un dono luminoso. Qualche volta soltanto, però.

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