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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2012 alle ore 11:51.

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Il capitale mai in default
Investiamo sull'unico capitale che non andrà in default: quello umano. Aderisco al Manifesto.
Dario Cavazzuti

Sì ai corsi "sponsorizzati"
Fermo restando che l'Università, in cui lavoro, deve restare pubblica e vigilata dallo Stato (così come tutta la filiera dell'istruzione primaria e secondaria), si pensi anche a forme di mecenatismo (riconosciuto pubblicamente e fiscalmente agevolato) come quelle che in paesi anglosassoni permettono l'istituzione di corsi e di cattedre intitolati al nome del finanziatore (privato benefattore o azienda).
Massimo Bonafin
Prof. ordinario dell'Università di Macerata

Un'idea vincente. Si paga la qualità dell'insegnamento e aumenta l'efficacia del controllo.

Quei concorsi fasulli
Un caso limite, ma di interesse generale, è rappresentato dalle valutazioni comparative per i posti di ricercatore banditi dai nostri Atenei: vince sempre e immancabilmente il candidato interno di ogni singolo Ateneo. Poiché i costi per ogni valutazione sono elevati, non sarebbe giusto modificare la legge e permettere l'assunzione diretta? In tal modo i fondi risparmiati potrebbero andare spesi per la ricerca reale, le strutture e i fondi dei ricercatori.
Walter Di Meo

Modena, cultura cenerentola
Sono un commercialista di Modena e desidero aderire al Manifesto. Nella mia vita professionale mi è capitato più volte di avere a che fare con quella che viene classicamente definita come cultura ma - più recentemente - ho rivestito l'incarico di componente del Nucleo di Valutazione di un istituto musicale della mia città. E ho avuto modo di toccare con mano i problemi finanziari che rendono grama la vita di certe istituzioni culturali. La cultura vine esempre subordinata a tutto.
Claudio Malagoli

Speriamo che il nostro Manifesto serva anche a far capire che le priorità possono cambiare.

Sostegno napoletano
Da lettore, da editore e da presidente del Comitato strategico per la cultura di Unione Industriali di Napoli sottoscrivo il Manifesto per la Costituente della Cultura.
Diego Guida
Guida Editori srl

Anche i cinesi lo fanno
Anche i cinesi, dopo anni di crescita esclusivamente industriale, hanno oggi deciso di puntare sulla crescita culturale della popolazione. All'inizio dell'anno il governo cinese ha lanciato una grande riforma culturale per renderla un «un nuovo settore pilastro» dell'economia cinese, destinato a più che raddoppiare il contributo alle industrie culturali entro il 2016 con la creazione di oltre 1000 musei.
Patrizia Asproni
Presidente ConfCultura

I cinesi, soprattutto oggi, tracciano le vie del nuovo sviluppo. Ma, in fin dei conti, ancora una volta, si limitano a copiare con intelligenza.

Guai ai Paesi con la memoria corta
Desidero aderire al vostro manifesto. Una Nazione che dimentica la propra eredità culturale, compromette in modo irrimediabile il proprio futuro.
Carlo Schiavoni

C'è di più: l'eredità rende. Ma bisogna saperne capire il valore. La cultura è questo.

L'IMPRENDITORE
Condivido l'articolo e aderisco all'iniziativa del Manifesto per la cultura. La mia non è soltanto una partecipazione ideale, ma pratica. La mia azienda si chiama Ehiweb, siamo un provider e lavoriamo con Internet e la tecnologia. Però sul blog che abbiamo creato due anni fa, piuttosto che vendere facciamo cultura. Digitale sì, ma pur sempre cultura. Informiamo, spieghiamo, diffondiamo idee, concetti, nuovi termini. E lo facciamo in maniera semplice e accessibile anche ai non addetti ai lavori. Leggere per credere: http://ehiweb.wordpress.com/. Da undici anni sosteniamo economicamente (e non solo) un sito che conduco da sempre e che è diventato un punto di riferimento per le dinamiche culturali e neoletterarie in Italia: http://www.aphorism.it.
Sono con voi: senza cultura, non c'è sviluppo.
P.S. La mia è una'azienda sana, collaboratori garantiti e soddisfatti.
Nata e cresciuta senza assi ereditari o fondi pubblici, con una esposizione bancaria ridotta ai minimi termini.

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