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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2012 alle ore 16:26.

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© Filippo Mutani per IL© Filippo Mutani per IL

«Sembra tutto difficile – sorride Nicola Canci, trentasei anni, collaboratore di ricerca per l'esperimento Icarus, "acceso" il 29 marzo del 2011 e ultimo orgoglio dei Laboratori – anche perché nei riguardi della Fisica c'è molta diffidenza; viene sempre considerata una scienza astrusa, un "affare" per pochi. Ma non è così».
Seduto davanti al computer sul tetto di Icarus, lo scienziato passa, con i suoi colleghi, buona parte delle giornate; alle prese con un'umidità costante al 100 per cento, e un'atmosfera che, nonostante la ventilazione garantita da un condotto che convoglia dall'esterno circa 35mila metri cubi di aria all'ora, è pur sempre rarefatta.
«Icarus – ci spiega ancora Canci – è come una grande macchina fotografica digitale e tridimensionale, laddove Opera rappresenta un modello tradizionale. Entrambi gli esperimenti nascono per studiare il fenomeno del "cambio di vestito" che il neutrino compie durante i suoi viaggi; ma mentre Opera osserva l'oscillazione del neutrino da "muonico" a "tau", e lavora solo con particelle artificiali del Cern, Icarus studia anche i neutrini prodotti da reazioni termonucleari nel Sole, gli atmosferici, e quelli generati da esplosioni di SuperNovae. Fa quindi fisica dei raggi cosmici e osserva la stabilità della materia nucleare. Ogni scoperta può, da un momento all'altro, mettere in discussione concetti che magari erano stati dati come intoccabili, e far ripartire la ricerca, la sperimentazione e la concezione intera del mondo».

Proprio per questo, la prudenza che usano questi fisici (tutti giovani e purtroppo quasi tutti precari) è estrema. Prima di presentare alla comunità scientifica i risultati della misurazione del tempo di volo dei neutrini dell'esperimento Cngs hanno raccolto dati per tre anni. Per sedicimila volte hanno riscontrato comportamenti superluminali di 60 nanosecondi, di fronte a un margine di errore di soli 10 nanosecondi. Poi hanno impiegato sei mesi per rifare tutti i calcoli.
Solo allora hanno dato l'annuncio, chiedendo alle comunità scientifiche di tutto il mondo di esaminare le loro misurazioni, e di verificarle.
E paradossalmente, a distanza di pochi metri da Opera, ci ha pensato proprio Icarus a mettere in crisi il risultato. Perché si è accorto che i neutrini provenienti dal Cern arrivavano con la stessa forza di quando erano partiti, e questo, secondo il premio Nobel Sheldon Glashow (e la sua teoria per la quale se il neutrino superasse effettivamente la velocità della luce, dovrebbe perdere energia al punto da non riuscire a percorrere i 730 chilometri tra il Cern e il Gran Sasso e dunque a non arrivare a destinazione) vuol dire che il neutrino non corre più veloce della luce.

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