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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2012 alle ore 16:26.

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© Filippo Mutani per IL© Filippo Mutani per IL

E allora come si esce dall'impasse?

«Non certo con una guerra tra esperimenti, ma piuttosto con un agreement tra gli stessi», ci spiega Nicola D'Ambrosio, responsabile di Opera per il gruppo dei Laboratori del Gran Sasso. «Perché ogni scoperta, per essere confermata, deve ricevere contro-prove da altri esperimenti paralleli, compiuti in altri laboratori. Se si effettuano gli esperimenti sempre nelle stesse condizioni, qualunque problematica possa essersi presentata nell'ambito dell'operazione può ripetersi. Invece rifacendo l'esperimento con altri macchinari, altri gps, altri fasci di neutrini, il discorso cambia; e quanto al risultato, confermato o meno, sarebbe comunque un'ulteriore garanzia».
Non sarà facile però, anche perché la tecnologia che supporta tutti gli esperimenti che lavorano sotto il Gran Sasso è unica: i macchinari vengono creati ad hoc, e bisogna inventare anche le tecniche per costruirli.

«Opera, per esempio – continua D'Ambrosio, – ha una struttura tutto sommato elementare, nella sua complessità. È un grande bersaglio, costituito da due "supermoduli" con all'interno 150mila mattoni dentro i quali avvengono le interazioni dei neutrini con le particelle di piombo del brick. Quando c'è un'interazione, il rivelatore elettronico ci indica qual è il mattone che è stato colpito. Quindi il Brick Manipulator System lo va a prendere, e da qui in poi parte la nostra analisi e lo studio delle varie parti del brick».
Quando si è tratto di costruire Opera, ci si è confrontati con mille difficoltà. Per esempio: «Non erano mai stati realizzati mattoncini del tipo utile per questo esperimento – dice Adriano Di Giovanni, fisico dei laboratori – costituiti da 56 strati di piombo alternati a 57 strati di emulsione nucleare, e mentre cercavamo una soluzione tecnica a questo problema, un nostro collega giapponese ci illustrò la sua idea: avremmo potuto costruirli a mano, uno per uno, con la consulenza di un esperto di origami. L'idea era affascinante, ma alla fine

si decise di costruire una macchina apposita, che li realizzasse automaticamente: così nacque la Bam, che comunque ha impiegato un anno, per produrli tutti». Opera è l'unico esperimento – tra i diciotto dei Laboratori – che è aperto e il cui contenuto può essere osservato; tutti gli altri sono sigillati per preservarne la purezza e per proteggerli dalle radiazioni. Tra questi, un fuoriclasse è Borexino che studia i neutrini di bassa energia risultati delle fusioni nucleari nel cuore delle stelle ed è l'unico esperimento al mondo a essere riuscito a misurare i neutrini del Sole che hanno un'energia minore di un mev (milione di elettronvolt). E poi, in sala A, c'è Lvd (Large volume detector) esperimento voluto da Zichichi, in funzione dal 1992: mentre tutti gli altri esperimenti si fermano, a rotazione, per le necessarie manutenzioni, Lvd è in continua presa dati, costretto a non fermarsi mai perché aspetta da decenni l'esplosione di una SuperNova.

Sono tutti meravigliosamente diversi e originali, i diciotto esperimenti che l'INFN ha realizzato sotto il Gran Sasso, ma hanno anche un elemento comune: quasi tutti vengono costruiti per uno scopo ben preciso, e poi finiscono per ottenere, oltre a quanto previsto, anche molto di più, e a volte tutt'altro. E proprio in questo sta il loro fascino: nel poter sovvertire tutto, un giorno dopo averlo confermato.
«Qui non ci si annoia mai – sorride Pierluigi Belli, dirigente di ricerca della sezione Infn di Roma Tor Vergata, che contribuisce a Dama/Libra – e con Libra forse a maggior ragione, perché studia uno dei più intriganti misteri della natura: la materia oscura, che assieme all'energia oscura compone più del 90 per cento dell'Universo. Alla formazione di tale materia è previsto contribuiscano particelle relitte dal Big Bang sopravvissute fino ai giorni nostri, che formano un grande alone galattico, all'interno del quale si muove il nostro pianeta terra».

E anche qui siamo nel campo dei primati, dato che l'esperimento, assieme al suo progenitore Dama/NAL è stato il primo rivelatore al mondo a dare evidenza della presenza di particelle di Materia Oscura nell'alone galattico utilizzando un approccio metodologico e un tipo di rivelatore finora unici.
Unico, frontiera, universo, scienza. Questi termini rimbombano nelle grandi sale dei laboratori. E la chiave della scienza, come ai tempi di Balzac, è ancora il punto di domanda; è proprio qui che i misteri dell'universo si sveleranno? Qui nelle viscere del Gran Sasso, dove una macchina aspetta, in silenzio, l'esplosione di una stella?

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