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Questo articolo è stato pubblicato il 09 maggio 2012 alle ore 18:39.

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… e qualche certificato…
In passato abbiamo parlato di "capitale umano": una persona che abbia abilità e conoscenze è un "capitale" che può produrre frutto. Ma chi non abbia identità è un "capitale congelato", un capitale che non può produrre frutto. Ci sono altre forme di "capitale congelato"?
Sì, ci sono, e Hernando de Soto le ha portate all'attenzione del mondo. Parliamo ora non del capitale umano ma del capitale fisso: case, campi, macchinari… In molti Paesi poveri, specie in Africa e in America latina, nelle campagne o nei quartieri più miseri delle grandi città – slum o favelas – non esistono titoli di proprietà. Il contadino che ha un campo di manioca lo coltiva e raschia un piccolo reddito. Ma supponiamo che voglia comprare fertilizzanti o un erpice o un trattore...
In un Paese normale andrebbe in banca e si farebbe dare un prestito dando in garanzia la sua terra. Ma non ha titolo di proprietà per il suo campo. Così come non esistono titoli di proprietà per casette, capanne o catapecchie. Se ha un piccolo business – che so, ripara gli attrezzi agricoli – non può venderlo e non può avere credito per espandersi. Quei campi, quelle capanne, quelle officine sono un "capitale congelato": esistono ma sono sterili, non possono essere usati per creare opportunità di lavoro e di guadagno. E non si tratta di piccoli numeri: de Soto ha puntato il dito sulla grandezza del fenomeno. Si tratta di migliaia di miliardi di dollari di capitale che rimangono fuori dal circuito dell'economia produttiva.
...se no il capitale va nel freezer
Insomma, quando non ci sono titoli di proprietà l'economia si scinde in due: una parte in cui è possibile scambiare attività, concedere e ricevere crediti, vendere case e campi e crescere e svilupparsi… E un'altra parte in cui tutto è "congelato": le possibilità di scambio sono severamente limitate; invece di crescere, l'economia ristagna nell'arretratezza.
Le tesi favorevoli allo "scongelamento" del capitale sono state criticate da alcuni, perché dare titoli di proprietà potrebbe portare a una situazione in cui il povero, proiettato nell'economia di mercato, fuori dal suo elemento, può esserne stritolato, la sua proprietà diventa vendibile ed esposta alle mire rapaci di chi ha più soldi e più mezzi. Può darsi che in qualche caso ci sia questo rischio, ma in ogni caso i vantaggi potenziali più che compensano gli svantaggi potenziali.
Oggi la Banca mondiale – l'organismo internazionale che si occupa di assistenza tecnica e finanziaria ai Paesi poveri – ha assorbito la lezione di de Soto e nei programmi di assistenza al Burundi o al Guatemala o a qualsiasi altro Paese in "crisi di identità" figurano sempre le raccomandazioni e i progetti per creare titoli di proprietà e certezze di diritti.
fabrizio@bigpond.net.au

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