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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2012 alle ore 08:18.

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«Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s'accorgono poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d'altre terre». E porta anche l'achillea, l'erba di Giuda o lo spinacio selvatico, piante che certo non saranno sfuggite a Marcovaldo, nelle sue svagate passeggiate urbane. Sono piante, come si diceva un tempo, che crescono a dispetto dei santi. E della città. Ma sono anche una vera provocazione spontanea rivolta ai giardini pubblici e privati che l'uomo coltiva al chiuso del suo soffocante non-senso estetico.
Dove non arrivano gli pneumatici, negli interstizi tra strada e marciapiede, intorno ai tombini dimenticati o nelle crepe di un muro di cemento che cinge fabbriche abbandonate, si fanno strada i prodigi di resistenza botanica raccontati da Green Island - Flora Urbana, un sorprendente volumetto che ci guida alla visione di Marcovaldo ma con un po' di consapevolezza in più.
Il cuore del libro, per i cittadini curiosi, è costituito dalle venticinque schede sulla flora urbana spontanea, dall'Achillea collina (millefoglio comune), utilissima per le sue proprietà e utilizzabile nei bagni per il suo effetto calmante su pelle e mucose ma anche nei liquori in infusione, alla Verbena officinalis (verbena), forse più nota come calmante e usata nella floriterapia di Bach. Le foto che permetteranno anche ai profani di identificare le piante sono scattate nei luoghi naturali (se così possiamo chiamarli) in cui crescono, lungo le strade della città, quando sporgono timidamente in un parcheggio o si ergono proterve dall'acciottolato. A un seme bastano pochi grammi di terra per fare il miracolo.
Il volumetto è solo uno dei risultati di un'iniziativa pioneristica, anch'essa nata (nel 2002) tra gli interstizi del quartiere Isola di Milano e ispirata alla «necessità di riportare il cittadino a una dimensione di maggiore armonia tra lo spazio urbano e lo spirito naturalistico», come si legge nella bella introduzione di Claudia Zanfi (che ha curato la pubblicazione). Cioè proprio l'assillo di Marcovaldo, il personaggio dell'inurbato di Italo Calvino che quasi tutti gli italiani si portano un po' dentro, anche se sono in città da generazioni. «I luoghi residuali – scrive l'agronomo Gilles Clement – accolgono specie pioniere a cicli rapidi. Ognuna prepara l'arrivo delle successive, i cui cicli si allungano sino all'installarsi di una permanenza». Ecco, forse, il senso del verde urbano spontaneo: la permanenza della natura, quella vera, le "malerbe" che i solerti custodi dell'ordine stradale strappano, scalzano e irrorano di detersivo con il lavaggio strade. Ma che invece hanno come potenti alleati il vento, la pioggia, il sole e, magari, anche lo sguardo grato dei passanti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Green Island - Flora Urbana,
a cura di Claudia Zanfi, Bolis,
Milano, pagg. 94, € 12,00;
www.amaze.it; www.bolisedizioni.it

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