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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2012 alle ore 08:16.

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In questi scarsi due decenni Tommaso scrive e detta altre opere, dagli argomenti disparati (i doveri di un principe, gli ebrei, la composizione del bellissimo inno liturgico Adoro te devote), e abbandona la Somma della Teologia alla questione 90 della terza parte. Qui aveva affrontato il tema forse più noto, le "cinque vie": non per dimostrare l'esistenza di Dio, ma l'irrazionalità della sua non esistenza almeno come motore immobile, prima causa efficiente, necessità per i contingenti, massimo grado di bontà, ordinatore e fine dell'universo. Dato che l'evidenza vista da Anselmo nella proposizione "Dio esiste" è del tipo quoad se, ovvero non per noi, si devono cercare vie che partono da ciò che per noi è a disposizione dei sensi, ovvero aristotelicamente evidente. Vie, non prove. A dimostrare non che Gesù si è incarnato ed è risorto dai morti, ma che esiste una causa prima che si può chiamare Dio. La storia della filosofia ringrazia, perché con la "prova" di Anselmo nessun argomento procurerà così tanto lavoro per le menti filosofiche. Ringraziamo anche noi questo uomo intelligente e schivo, nei secoli spesso offuscato dalla buona volontà e dall'incenso. E facciamo il buon proposito di leggerne le opere prima di nominarlo invano.
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Pasquale Porro, Tommaso d'Aquino.
Un profilo storico-filosofico,
Carocci, Roma, pagg. 536, € 41,00

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