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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2012 alle ore 16:56.

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La prospettiva keynesiana è tuttora importante, eppure le misure di austerità sono inadeguate non solo per motivi keynesiani. Dobbiamo andare ben oltre Keynes e chiederci a che cosa serve la spesa pubblica, a parte rafforzare la domanda qualunque contenuto essa abbia. Guarda caso, la resistenza europea ai tagli spietati dei servizi pubblici e a una austerità indiscriminata non si basa soltanto o principalmente su un ragionamento keynesiano. In merito ai servizi pubblici, ricorre a un argomento costruttivo di grande interesse politico ed economico: quello della giustizia sociale. Tali servizi devono ridurre l'ingiustizia invece di aumentarla (è questa la forma che una teoria della giustizia deve inevitabilmente prendere, come ho sostenuto nel mio libro L'idea di giustizia). Hanno valore per quello che forniscono alla popolazione, sopratutto a quella più vulnerabile, un valore per il quale l'Europa ha combattuto. I tagli brutali insidiano l'impegno sociale preso alla fine della seconda guerra mondiale, che ha portato alla nascita dello stato previdenziale e dei servizi sanitari nazionali in un periodo di veloci cambiamenti. E' stato un grande esempio di responsabilità sociale che il resto del mondo avrebbe poi seguito, dall'Asia orientale all'America Latina.

Per capire perché Keynes è una guida inadeguata alla soluzione della crisi economica europea, dobbiamo chiederci "quale visione di una buona società aveva l'economista Keynes?" Com'è risaputo, disse - di nuovo con una certa accuratezza - che è bene pagare lavoratori per scavare buche e poi per riempirle perché ciò aumenta la domanda e combatte la recessione. D'accordo, ma Keynes aveva ben poco da dire sugli impegni sociali che uno stato dovrebbe assumersi, sullo scopo della spesa pubblica, oltre a quello di intervenire per rafforzare la domanda del mercato. Sorvolò sulla disuguaglianza economica, fu di una straordinaria reticenza sull'orrore della povertà e delle privazioni, era poco interessato alle esternalità e all'ambiente, e trascurò del tutto il tema sul quale si concentrò invece il suo avversario e rivale A. C. Pigou: "L'economia del benessere", titolo del suo libro più famoso e di sicuro più profondo.

E' stato Pigou, che viene ritenuto di destra, a dare il via alla misura della disuguaglianza economica, ad analizzare a lungo la natura e le cause della povertà, a scrivere a lungo sulle esternalità, sul degrado ambientale e sulla necessità per le economie statali di tentare di rimediare agli errori compiuti dall'economia di mercato nell'allocazione delle risorse.

La messa in discussione delle attuali politiche finanziarie in Europa nasce da ragioni economiche che vanno ben oltre Keynes (mentre ne incorporano alcune idee), nasce dalle ragioni politiche e sociali alle quali accennavo. Questo scetticismo non intende affatto mettere in dubbio la necessità di ridurre l'aggravio del debito pubblico in tempi appropriati. Una buona economia però riguarda non solo l'obiettivo da raggiungere ma anche che cosa funziona, dove e quando.

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