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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2012 alle ore 08:49.

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Chiunque abbia sperimentato la dieta Dukan (quella senza carboidrati, il cui ideatore è stato appena radiato dall'ordine dei medici) continuerà a distanza di anni a sentirsi in colpa occhieggiando una focaccina. Allo stesso modo, abituarsi a controllare la pagella dello "sleep manager" induce a non fidarsi più delle sensazioni soggettive, perché sconfiggerle è la ragion d'essere di un dato oggettivo. Certo, spesso le sensazioni sono imprecise o fuorvianti, e l'approccio analitico può davvero ottimizzare il sonno, aumentando la produttività e offrendo un controllo totale sul proprio ritmo di vita. Ma quel senso di estasi degli incisivi che incrinano la crosta dorata, la patina d'olio d'oliva che risale sfiorando l'interno delle gengive – quello dove si ritrova? Curiosamente, di nuovo sul Plötzensee.
La città che non vuole dormire
Una città come Berlino offre un punto di vista unico sull'evoluzione del nostro rapporto col sonno. Capitale, negli anni Novanta, di un certo tipo di nightlife alimentata a polverine bianche, negli ultimi anni sta diventando l'attrattore europeo delle start-up informatiche – si parla, con un gioco fonetico, di Silicon-Allee. Allora come ora, accorre in città un'ondata di persone giovanissime e brillanti, che per una ragione o per l'altra sono decise a non dormire mai.
Delle centinaia di laghi intorno a Berlino, proprio il Plötzensee è quello sulla cui sponda il Comune ha deciso, a fine Ottocento, di erigere un campus medico-universitario intitolato al padre della patologia moderna Rudolf Virchow. Fra le altre cose, oggi il campus ospita un importante centro di medicina del sonno, a cui si rivolge chi avrebbe bisogno di ottimizzare il proprio sonno, o chi l'ha ottimizzato troppo.

Il suo direttore, il professor Thomas Penzel, non conosce le abitudini di Fiete Stolte, ma non è stupito dalla vicinanza con la sua clinica. «Si dorme benissimo, qui». E, sostiene, ne avrà bisogno: dato che ciò che Stolte sta facendo, da un punto di vista medico, è o impossibile o arduo e dannoso. La cosa non stupisce. Tranne in caso di disturbi specifici come l'apnea notturna o la narcolessia, spiega Penzel, spesso il lavoro di un centro del sonno è quello di impartire istruzioni di buonsenso: non bere, mangiare bene, dormire tanto e regolarmente (e, possibilmente, seguire settimane di sette giorni). L'apparente banalità del compito di creare consapevolezza non deve far pensare che sia facile: sempre più spesso si scontra con alcune pressioni fortissime nella società contemporanea. Quali? Be', l'ottimizzazione, ad esempio.
Il successo crescente degli "sleep manager" sembra a Penzel una moda, frutto di un cortocircuito fra social network e smartphone che presto passerà; quello che non passerà, però, sarà un rapporto sempre più ingegneristico con il sonno. Era più o meno l'unico aspetto della vita biologica a essere scampato alla contabilità del miglioramento di sé; c'è solo da vedere quando espressioni come "sonno polifasico" e "compressione del sonno leggero" diventeranno comuni come "dieta senza carboidrati".

Ma è ragionevole pensare che prima o poi lo diverranno: perché il tempo che offrono è una merce destinata a diventare sempre più scarsa. Dormire un'ora in meno ogni giorno significa vivere complessivamente tre anni in più, e non aggiungendoli alla molle vecchiaia, ma dilatando anche la giovinezza e la maturità. Chi rifiuterebbe la possibilità di allungarsi la vita, se non comportasse costi di alcun tipo? Certo, l'equivalenza non è così semplice, perché entra in gioco anche la qualità del tempo; però, messa così, suona come un'offerta diabolica. Una maggiore consapevolezza di come funziona il nostro sonno non sarà necessariamente un male, concede Thomas Penzel, congedandomi. Ma, per ora, non sembra neanche necessariamente un bene.
Sono le tre di mercoledì pomeriggio quando esco dal suo studio. Le nuvole che da mattina annunciavano la primavera nordeuropea si sono diradate e si alternano adesso a chiazze di sole diretto quasi abbaglianti. Per chi la fa, è l'ora della siesta; tranne che dall'altra parte del Plötzensee, ovviamente. Lì è appena iniziata la notte

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