Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2012 alle ore 11:26.

My24

I dirigenti del Futbolclub si dissero entusiasti dell'esperienza, nessuno si prese la briga di raccogliere le dichiarazioni dei piccoli giocatori, che con tutta probabilità avrebbero sposato la mia tesi, odiando il Barcellona di quell'odio che la vittima dedica non tanto al carnefice quanto al sadico torturatore. I 59 gol delle giovanili, gli otto gol a partita rifilati dalla prima squadra a inermi carrozzoni di brocchi della Liga (il campionato più brutto e sopravvalutato del mondo), tutti esercizi di uno stile arrogante che per carità è disponibile e rappresenta una soluzione per chi ha più forza e talento, ma che presenta enormi zone d'ombra. Impomatati, senza personalità e spietati.
Partiamo da qui e proviamo a conciliare queste caratteristiche con la presunta affabile correttezza politica dei tifosi e del club, che poi è mes que un club. Difficile vero? Sempre quelli più preparati e bravi diranno che i veri vincenti sono spietati, che la vittoria e il risultato sono l'unica cosa che conta e che il Barcellona li consegue pure giocando un calcio spettacolare e unico. Sulla spettacolarità di una seduta collettiva di onanismo non mi ripeterò, ma c'è ancora un argomento che mi impedisce di guardare con rispetto e simpatia alla squadra dei buoni che poi non lo erano.

Il Barcellona è un prodotto vendibile, molto. Sempre mentre io esultavo sul divano e ne mettevo alla prova la solidità con un ballo frenetico e sconsiderato, a Londra qualcuno veniva ripagato delle lacrime amare di qualche anno fa. La squadra più amata dai bambini di tutto il mondo, forse anche grazie all'aspetto fanciullesco di Lionel Messi, nel 2009 approdò alla finale di Champions League dopo una delle partite più controverse di sempre, una di quelle che fanno gridare allo scandalo anche i meno complottisti (partito al quale mi iscrivo con grande convinzione). Aiutati in ogni modo possibile e immaginabile dal pessimo arbitro Ovrebo i catalani pareggiarono nel finale dopo che almeno quattro rigori netti furono negati al Chelsea. Ora converrete che quattro rigori sono un bel numero, troppi per una squadra simpatica, perfetta e che nelle intenzioni e nell'idea di chi la idolatra non dovrebbe proprio averne bisogno. Ma capita anche questo, la fortuna aiuta audaci, forti e idoli dei bambini. Stride con l'immagine del club (mas que) così come una miriade di altri errori a favore collezionati negli anni, ma non basta a giustificare l'odio direte voi. Bene, allora è tempo di giocare la carta migliore, l'accusa senza appello.

Il Barcellona, questo Barcellona di Guardiola (o meglio, quello che fu e che ora verrà allenato dal suo secondo Tito Vilanova), è una squadra scorretta. Simulatori, piangina isterici e incapaci di lasciare l'arbitro alle sue funzioni, i giocatori del Barcellona hanno dato pessime prove di sé in mondovisione e sono stati graziati in fretta e furia dalla stampa sportiva per non macchiare l'immagine luminosa da giusti costruita con tanta fatica. Sergio Busquets è la bandiera di quella odiosa malafede senza passione né sentimento che i blaugrana hanno messo a sistema. Intendiamoci, il calcio è uno sport di contatto e senza ricorrere allo sciovinista e antico luogo comune sullo sport per maschietti e non per signorine, resta che in campo succede di tutto e spesso si prendono delle scorciatoie. Si trascina il piede, si casca con una certa facilità e si fa del proprio meglio per non aiutare il giudizio arbitrale e ottenere qualche vantaggio. Così fan tutti, è uno schifo ma la rivoluzione culturale è un obiettivo non alla portata di queste poche righe. Il fatto è che Busquets è un artista della provocazione e della simulazione.
Nella semifinale di Champions League contro l'Inter Busquets incrocia la corsa di Thiago Motta, non uno stinco di santo, e crolla in terra come fulminato dal più potente uppercut del mondo. Tutti noi spettatori siamo disposti a credere che Motta abbia fatto una marachella e a seconda del nostro gradiente interista ci disperiamo o festeggiamo la decisione dell'arbitro.

Sarà solo il replay a raccontarci il nefando piano di Busquets, la simulazione con tanto di rotoloni per il dolore e quelle mani sugli occhi che però a un certo punto si aprono per verificare l'effetto della messinscena. Motta espulso, Busquets integro, mai colpito e in campo.
La replica all'infinito di questo vezzo da parte di Busquets unita alle corse disperate di Xavi e Puyol per contestare ogni decisione avversa fanno del Barcellona una squadra insopportabile per chi nel calcio cerca il calcio e non la sublimazione dell'astuzia latina e del teatro dell'arte. Uno dirà che queste motivazioni sono poche, patetiche e insufficienti di fronte alla maestosità di concetti assoluti come il possesso-palla, il numero di passaggi di Xavi in una sola partita, il genio tattico e la tecnica pura di Iniesta, le funamboliche discese di Messi e la capacità di Piquè di dire sempre la cosa sbagliata e riprodursi acrobaticamente con una donna alta meno della metà. Altri sosterranno che il destino delle squadre vincenti è quello di essere odiate per motivi misteriosi quanto i più oscuri segreti di Stato e lampanti quanto i più oscuri segreti di Stato.

Io odio il Barcellona perché amo il contropiede, la sensazione meravigliosa della rottura dell'assedio, i centrocampisti che tirano da duecento metri (ne rimane qualcuno in Bundesliga e il solo Daniele De Rossi in Italia), i gol di rapina e le vittorie ingiuste che poi son sempre giuste, le squadre anarchiche e gli stopper ruvidi che non sanno trasformare l'azione da difensiva in offensiva ma sanno benissimo come colpire in faccia gli spettatori delle prime venti file con una palla spazzata in tribuna quando era più di una squadra

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi