Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2012 alle ore 19:08.

My24

Quelli che cercano una spiegazione allo scarso attaccamento degli italiani alla convivenza civile e orgogliosa di solito tirano in ballo alcune vicende storiche. La mancanza della Riforma, per esempio. Il nostro essere rimasti un Paese cattolico, ospite del Vaticano e del papa, e cattolico nel modo più pigro ed egoista: di quel cattolicesimo fatto di indulgenze e perdoni ideali e che trascura la concretezza delle regole e delle condotte. Quello che le religioni protestanti hanno insegnato in altri Paesi in termini di rettitudine, responsabilità, rigore, ruolo della comunità, qua non l'abbiamo visto. Abbiamo amato molto il Signore e poco il nostro prossimo, abbiamo detto molte Ave Maria, e abbiamo rimpiazzato la comunità con la famiglia, con tutto il suo sistema di deroghe e contraddizioni: al punto che «la famiglia» è diventata il modello delle organizzazioni criminali avversarie dello Stato, ovvero della comunità principale. E oggi un fronte di battaglia politica laddove si vuole sostenere che alcune famiglie siano più famiglie di altre.

Poi c'è la questione dei Comuni e dei campanili, facilmente associabile a quella delle famiglie: ovvero la tradizione di appartenenza a una comunità che prevale però su principi, valori o regole condivise e legittimate. In cui quindi contano la riga per terra, le mura cittadine, il nome che si porta, la «tradizione»: tutto il resto è nemico.

Un terzo elemento citato da chi cerca nella storia le cause della debolezza identitaria della nostra nazione è l'assenza di momenti di unificazione, di catarsi rispetto al passato, di azzeramento, di motivazione collettiva. La nazione è troppo giovane per avere l'orgoglio di un passato comune, e il passato precedente è ricondotto ai campanili e a isolati talenti. L'unità risorgimentale è molto fragile sotto questo punto di vista: uno dei momenti più liberali e liberatori della sua costruzione è la breccia di Porta Pia, ovvero un evento sentito persino come un sopruso dalle gerarchie cattoliche. Per non dire della fine del fascismo, che fu una guerra civile e a cui non seguì una rinascita comune ma piuttosto una rassegnata convivenza. L'intreccio tra il boom economico, la democrazia conquistata e l'arrivo della modernità portò qualche anno di entusiasmo, un momento sudafricano di speranza prima di accorgersi che molto era rimasto uguale.

Se questi argomenti sono veri e solidi, allora siamo spacciati. Non si cambia il passato, e se questo passato è così pesante nel definire quello che siamo, l'unica possibilità che c'è è liberarsene. La teoria prevederebbe quindi la necessità che si verificassero quel momento unificante, quella palingenesi, quel momento di costruzione condivisa che non ci sono mai stati in passato. Dolore, sofferenza, sacrificio, rinascita: una guerra. Non possiamo sognare una guerra (che dalla Bosnia in poi non è più impensabile). Ci deve essere un'altra strada.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi