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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2012 alle ore 16:31.

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Però la "community" ha avuto un ruolo fondamentale nel determinare le due direttive principali della gentrificazione degli anni Zero a Roma, Monti e il Pigneto. Monti, storica "suburra", primo rione di Roma, stretto tra l'Esquilino, il Viminale, il Quirinale e il Celio, i Fori Imperiali, la via Cavour e la via Nazionale, e pure fornito di metropolitana, fino alla metà degli anni Novanta era una sorta di incredibile buco nero non bonificato nel centro della città. Sconosciuto a molti romani (che spesso chiedevano: «Monti Tiburtini?»), fitto di prostitute (ma quelle ci sono ancora oggi, fiere di storia e tradizione), botteghe, atmosfera paesana, bambini col pallone, Mario Monicelli sul suo Ciao bianco. Poi, con gli anni, hanno cominciato ad arrivare i parrucchieri artistici, i negozi di modernariato, i "flower designer", i bar con avventori concentrati sui loro iPad, i ristoranti e i take away giapponesi. Ogni giorno chiudeva un fruttivendolo e apriva una drogheria biologica (con servizio delivery in bici e corsi di cucina hipster a chilometri zero, o workshop tematici tipo «Le frittelle di San Giuseppe», ma solo in stagione, e prenotabile solo su Facebook) e oggi è affollato di scrittori, registi, giornalisti.

Scendendo la mattina si incontrava Julian Schnabel, che usciva a prendere il giornale in pigiama (all'edicola di Duccio Bertinotti) e le quotazioni erano arrivate fino a 10mila euro al metro; oggi l'atmosfera di paese è rimasta. Il barbone di quartiere, Angelo, aveva un salvacondotto per dormire in una Tipo parcheggiata – unica, nella strada sgombrata – di fronte alla casa del presidente Napolitano, e al suo funerale è andato tutto il quartiere. Ma scendere all'edicola in ciabatte potrebbe oggi non essere una buona idea, causa presenza di direttori, redattori, capigruppo al Senato. Tutti concordano nell'indicare l'arrivo di American Apparel come punto di svolta definitivo.

Il Pigneto, invece, area ex industriale franante poco fuori Porta Maggiore, tra la via Prenestina, la Casilina e l'Acqua Bullicante, ha subito una gentrificazione ancora più veloce ma mica tanto riuscita. Fino agli anni 90 prerogativa di operai, immigrati, baracche, pur con architetture talvolta pregevoli, è stato imposto come «la nostra Brooklyn possibile», e ha visto il progressivo arrivo di intellettuali squattrinati che non potevano permettersi Monti, studenti, ristoratori che hanno impiantato bar e ristoranti cari e fichetti. Molti entusiasti non romani reduci dal Pigneto raccontavano d'essere appena stati al Parco Pasolini dove una benemerita associazione di graffitisti vegani e pubblicisti aveva preparato un piccolo raccoglitore d'eventi che si chiama rEstate al Pigneto con molti spazi dedicati alla balera, al cineforum, agli scacchi, alle bocce, alla grattachecca e al cocomero, tutto in ambiente wireless e in associazione e con il supporto del Comune e al supporto di CSOA Spartaco, AAA AdunanzAutogestitArtisti, Informadarte, Il Sottosuono, Centro aggregativo Godzilla, Intersos, Ass. Zavatta, Centro Anziani Villa Gordiani, più alcuni cittadini bengalesi di seconda e terza generazione che fanno volontariato scambiando le ore libere con la Banca del Tempo.

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