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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2012 alle ore 08:17.

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Il suo ultimo libro, Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l'eredità del marxismo (il sottotitolo inglese, Tales of Marx and Marxism, meno didattico, ha un tocco lievemente ironico incentrato sulla parola "tales" che vuol dire "racconto" ma anche "fiaba") raccoglie numerosi articoli e saggi pubblicati in varie lingue, soprattutto in italiano (del Pci mi diceva: l'unico partito nel quale sarei stato a mio agio). L'ultimo Marx di Hobsbawm non è più ormai il teorico della rivoluzione mondiale anti-capitalista e del ruolo decisivo del proletariato. Il suo è un Marx "liberato dall'Urss", il grande teorico della globalizzazione del mondo e delle sue crisi, un mondo nel quale, come egli ammetteva, l'anti-capitalismo ha relativamente poca importanza, un mondo in cui le speranze generate dagli eventi del 1968 (eventi che avevano sempre lasciato Hobsbawm piuttosto scettico) non si sono concretizzate, un mondo in cui molti non credono più all'idea di progresso e di razionalismo, un mondo dal quale è scomparsa la convinzione, condivisa da tutti i protagonisti delle grandi rivoluzioni del passato (quella americana, quella francese e quella industriale), che è possibile modificare l'ordine sociale esistente e sostituirlo con uno migliore. «È ora di prendere di nuovo Marx sul serio», scriveva Hobsbawm. E, permettetemi di aggiungere, è anche ora di prendere sul serio la Storia e non semplicemente, come si fa troppo spesso in politica, come una specie di supermarket dove si prendono i fatti che si vogliono per giustificare questa o quella politica.
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