Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2012 alle ore 08:19.

My24

INTERVISTATORE
Guardiola che domande le faceva?
SACCHI
Si parlava... e quando prese Ibrahimović gli dissi: «Hai preso un bravissimo giocatore ma che conosce la sua musica e vuol cantare la sua musica».

INTERVISTATORE
E lui che disse?
SACCHI
Mi spiegò i movimenti che gli chiedeva, però dopo ha visto com'è andata a finire... Voleva un giocatore che attaccasse la profondità, voleva un giocatore che andasse dalla parte opposta. Noi abbiamo una cosa in comune. Io son stato al Milan quattro anni e andai via perché mi sembrava di esser ritornato all'epoca della scuola quando piuttosto che andare a scuola mi sarei fermato a zappare la terra con i contadini perché non ce la facevo più dallo stress e Guardiola adesso sta vivendo la stessa situazione, io spero lui riprenda perché è un genio del calcio e non so se riprenderà però me lo auguro, m'ha telefonato un mese fa, ci siam parlati per un paio d'ore e ha detto: «Fra poco devo smettere anche con lei perché mi brucia l'orecchio». Adesso lui va via, va lontano, va in un altro continente, e non so se riprenderà, mi dispiacerebbe...

INTERVISTATORE
Allenare la nazionale è meno stressante?
SACCHI
La nazionale... Ha presente un eunuco in un harem con delle belle donne? Ecco, la nazionale è questa, dove diventi un teorico. Io non ho mai detto che un giocatore della nazionale è un mio giocatore, perché non era un mio giocatore. Io sono testardo, anche lì io ho cercato di dare un gioco, agevolato dal fatto che avevo convocato specialmente nella prima parte parecchi giocatori che erano stati al Milan. Arrivammo secondi al mondiale [Usa '94, ndr] e fu un capolavoro quello, veramente, di volontà, di impegno, e arrivammo alla finale in un ambiente non consono a noi perché giocando noi un calcio in velocità a quelle temperature era problematico, però c'era una straordinaria volontà, un gruppo molto coeso, determinato. E come sempre, poi, quando c'è il gioco non è che se ne avvantaggiano in maniera uguale, chi ha più attitudine se ne avvantaggia ancora di più...

INTERVISTATORE
Attitudine a cosa?
SACCHI
Baggio le sue migliori partite le ha fatte con la nazionale più che nei club. Baggio ricordo che quando lo chiamai lui stava andando male con la Juventus tanto che ero andato a vederlo a Genova e davanti a me c'era l'avvocato Agnelli, nell'intervallo parlavamo, e gli dissi: «Ma Avvocato, chi è dei suoi che è in forma?». E lui sa cosa mi disse? «I tre tedeschi», per dirmi che non c'era nessuno in forma... Io a Baggio dissi: «Guarda, ti chiamo, non so se ti farò giocare però t'ho chiamato perché ho fiducia». E lui fu bravissimo devo dire finché io lo sostituii in una partita, una partita drammatica per noi perché avendo perso la prima se perdevamo pure la seconda tornavamo subito a casa, ci trovammo dopo dieci minuti in una situazione di 38 gradi a dover giocare tutta una partita in dieci contro undici e io presi la decisione più difficile, quella meno ovvia, di togliere il giocatore più famoso che avevamo e lui in quel momento capì che io non ero l'allenatore suo, ero l'allenatore di tutti. Fu molto bravo con noi, da noi giocava come secondo attaccante, dove cercavamo di utilizzarlo nel migliore dei modi, avendo un attaccante che gli aprisse gli spazi, che andasse più di lui in profondità in modo che lui potesse andare a raccogliere la palla incontro o di fianco, cercammo d'avere più gioco noi degli altri, io avevo una statistica dei palloni che lui toccava mediamente nella squadra di club e gli dissi: «Se tu ti muovi con la squadra, la toccherai due o tre volte in più», e così fu. Ci diede dei grandi risultati. Fu una fatica immane, il campionato del mondo è una cosa che ti distrugge e dove devi dar fondo a tutte le tue esperienze, conoscenze.

INTERVISTATORE
E non le veniva di cambiare sistema?
SACCHI
Ma io non avevo un sistema, io non ho un sistema. Ho il gioco del calcio, non ho sistema.

INTERVISTATORE
(Questa non è una domanda: è un bell'aneddoto sul denaro, saltato fuori in un punto del racconto, e mi pare una bella conclusione).
SACCHI
Quando decisi di smettere di lavorare per far l'allenatore, io dissi con mio padre: «Ho capito che vivrò una vita sola e quindi devo viaggiare», perché purtroppo morì mio fratello e dovetti io far la parte commerciale: «Devo viaggiare e non mi piace il lavoro, a me piace il calcio. Vivendo una vita sola dico smetto di lavorare e vado a fare l'allenatore». Andai a fare l'allenatore al Cesena e il presidente mi disse: «Che cosa vuole?» e io risposi: «Mi dia lei quello che vuole», e lui disse: «No, poco, ma mi dica lei», e prendevo di stipendio in un anno quello che a lavoro con mio padre io prendevo in un mese, e quando dovevo fare dei contratti all'inizio mi vergognavo sempre perché mi vergognavo di chiedere dei soldi per una cosa che mi piaceva così tanto, e quando mi son fatto pagare, e le assicuro che ho preso molto di meno di quanto avrei potuto... l'unica volta che ho preso davvero dei soldi fu il secondo anno al Milan. Dicevano che Berlusconi mi voleva mandare via e Biscardi disse che mi avrebbe mandato via il martedì. Galliani disse: «Ti vuol parlare il presidente», e andammo ad Ascoli. Lui entrò, mi abbracciò e disse: «Lei ha la fortuna che è il più bravo di tutti, però non posso tutti gli anni darle il doppio», perché io avevo chiesto per il secondo anno il doppio del primo. Mi disse: «Perché vedi, Arrigo, ormai in campionato siamo staccati, e la Coppa dei Campioni son vent'anni che non la vinciamo». Allora io dissi: «Guardi, dottore, se non vinciamo la Coppa dei Campioni mi dà l'ingaggio che vuole lei, la cifra che mi ha proposto lei, però se la vinciamo quella differenza me la moltiplica per tre». E così fu e devo dire che io ho una clip di lui che mi viene in campo ad abbracciare e lui ricordo che mi disse: «Non ho mai speso meglio i miei soldi».

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi