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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2012 alle ore 10:39.

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La classica invasione zombie è affrontata con brio e con scelte stilistiche innovative, che hanno rivelato il talento di Edgar Wright, inglese classe 1974, considerato dopo soli quattro film uno tra i registi più interessanti della sua generazione. Tra i numerosi fan de «L’alba dei morti dementi», si distinguono Quentin Tarantino, Stephen King e, non poteva mancare, George A. Romero, lo storico “padre dei morti viventi” sul grande schermo, ancora autore nel nuovo millennio di diverse pellicole importanti.

The Descent (2005) di Neil Marshall - L’horror più puro del decennio racconta di un’escursione sotto terra, lungo alcune grotte sui Monti Appalachi, compiuta da un gruppo di amiche amanti degli sport estremi.
Incapaci di trovare l’uscita, rimarranno incastrate tra i cunicoli alla ricerca di una luce che vorrebbe dire salvezza. Nel buio si annidano però le paure più primordiali degli esseri umani, insieme ai nostri mostri interiori: reali o semplicemente mentali che siano.

La casa del diavolo (2005) di Rob Zombie - Il cantante e compositore metal Rob Zombie è diventato uno dei registi horror più importanti del nuovo millennio grazie a sei film, il cui ultimo «The Lords of Salem» è stato appena presentato al Festival di Toronto.
«La casa del diavolo» è la sua opera più significativa, grazie alla quale ha fatto entrare la cruenta e alternativa famiglia Firefly nella storia del genere. Sorta di western splatter postmoderno, il film è girato con maestria e si conclude con un finale davvero maestoso.

À l’intérieur (2007) di Alexandre Bustillo e Julien Maury - Uno dei migliori esempi del nuovo horror francese, genere (di cui fanno parte anche l’intenso «Alta tensione» di Alexandre Aja e il sopravvalutato «Martyrs» di Pascal Laugier) dove la macchina da presa sprofonda nel sangue, tra efferate violenze con un sottile sottofondo politico.
Alle immagini brutali si unisce uno stile ricercato e poetico e l’unione paradossale crea un cinema unico nell’intero panorama mondiale. Per le sale italiane sarebbe stato troppo.

The Mist (2007) di Frank Darabont - Il regista de «Le ali della libertà» e de «Il miglio verde» adatta nuovamente Stephen King per realizzare il primo horror della sua carriera.
Ambientato all’interno di un supermercato, dove un gruppo di persone si è rinchiuso mentre fuori c’è una fitta nebbia in cui si nascondono esseri mostruosi, «The Mist» è una profonda riflessione sulla società americana contemporanea, sulle sue ipocrisie e sull’incapacità degli esseri umani di vivere pacificamente. La vera minaccia è dentro di noi.
Finale a sorpresa, suggestivo e di ottima fattura.

Cloverfield (2008) di Matt Reeves - L’Apocalisse si abbatte su New York sotto forma di un mostro gigantesco. Quello che in apparenza potrebbe sembrare un semplice disaster movie ricco di effetti speciali, è in realtà la migliore allegoria dell’11 settembre mai apparsa sul grande schermo. Tra i più importanti film del decennio, «Cloverfield», che meriterebbe una trattazione ben più ampia, è anche una magnifica iperbole della “generazione Youtube”, per la quale filmare è diventato un atto più importante che sopravvivere. Pur di guardare il mostro negli occhi, di archiviare il suo sguardo nella cassetta della nostra videocamera, si è disposti anche a morire.

Quella casa nel bosco (2011) di Drew Goddard - L’horror ai tempi del reality show, così si potrebbe sintetizzare questo piccolo grande esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore di «Cloverfield» e «Lost».
In «Quella casa nel bosco» il genere è messo a nudo (fin dal titolo, volutamente banale) e i protagonisti, ognuno con le tipiche caratteristiche del “personaggio da film horror”, sono gli ignari concorrenti di uno spettacolo dove il pubblico può scommettere su quali saranno i mostri che li uccideranno. Illustrando esplicitamente la deriva finale del genere horror, potrebbe rappresentarne anche una possibile e futura rinascita.

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