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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2012 alle ore 13:32.

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L'esame del Santo Stefano dopo il suo eccellente restauro ha svelato come l'opera, di notevoli dimensioni, sia stata fusa in rame ciò che consentì una maggiore duttilità. L'impareggiabile destrezza dei fonditori fiorentini continua a sorprendere anche nei secoli successivi. Non incantano meno un nordico toscanizzato, il Giambologna, i suoi allievi e, già in pieno barocco Massimiliano Soldani Benzi. Quando si parla delle opere del Soldani lontano dagli originali si scrive, errando, che sono dorate: la loro patina è così squisita da confondersi nel ricordo con l'oro ma in realtà è ottenuta con due strati di lacca o vernice rossiccia, talvolta detta a Firenze "leonina".
Accanto a Giambologna e ai suoi seguaci non dobbiamo dimenticare i suoi scolari virtuali, nordici anche loro, come il bizzarro Willem van Tetrode, un altro di quei fiamminghi che andavano e venivano «che non si può tener il conto» (diceva, credo, il biografo degli artisti della propria epoca, Giulio Mancini). Tetrode stette a lungo in Toscana, a lavoro per un Orsini, conte di Pitigliano: i suoi bronzi sono al Bargello ma non quello esposto, un muscoloso Ercole di una collezione americana. Più grande ancora fu Adriaen de Vries, a lungo in Italia, in contatto con Giambologna e soprattutto con Leone e Pompeo Leoni a Milano. Oggi alcuni dei suoi lavori, dall'eleganza virile e nettati alla perfezione, sono considerati alla pari di quanto si faceva in tutta Europa. Alla Royal Academy egli compare al suo meglio (ma de Vries è sempre al suo meglio) con tre opere maestre.
E così, nella foga di parlare di maestri fiamminghi e olandesi, mi passavano di testa due dei maggiori scultori di ogni tempo. Andiamo all'inverso nella cronologia e menzioniamo prima Benvenuto Cellini, rappresentato con uno dei modelli autografi e con una copia tarda ma a grandezza naturale del Perseo della Loggia de' Lanzi. E anche con un'opericciola incantevole, una placchetta ovale con un cane Saluki, un levriero turco estremamente amato alla corte dei Medici. John Pope-Hennessy ne scriveva nella sua monografia su Cellini: la placchetta è non solo di estrema grazia ma quasi più opera da orafo che da fonditore di bronzo – forse Cellini aveva in mente le antiche gemme appartenenti al Granduca.
Parliamo ora di Donatello, secondo solo a Michelangelo che però non si dette di cuore all'arte dei metalli. A Londra ci sono due opere magnifiche di Donatello, ambedue collegate con Siena, il Putto col tamburello oggi a Berlino e la drammatica Pietà del Victoria & Albert Museum: la prima è opera giovanile, per il fonte del Battistero, allegra e vivace; la seconda, disperata e violenta come lo sono quasi sempre i lavori tardi dei grandi artisti. Quanto resterebbe ancora da dire: dalle grandi figure di Giovanni Francesco Rustici per il Battistero di Firenze (soggetto di una delle recenti mostre del Bargello, quanto di meglio si è fatto in Italia nello studio della scultura), del Riccio (qui nel suo aspetto più lascivo), dei profumati artisti di François I nel giardino franco-italiano di Fontainebleau e di un francese più schietto, Germain Pilon (qui presente con l'inquietante effigie della nuora di Francesco I, Caterina de' Medici).
Segue tutto l'Ottocento col retorico animalier A.L. Barye (sempre bestie insaziabili che si divorano a vicenda, mai del tutto convincenti) e il grande ma altrettanto retorico Rodin. Via via scorre la storia dell'arte fino a oggi. Nemmeno qui tutti persuadono come fanno invece Brancusi, Boccioni, Picasso e Giacometti (non lo fanno di certo la scheletrica Germaine Richter, l'orrida Louise Bourgeois, o la tediosa chioderia di Richard Deacon). È un vero e proprio tour de force che include persino qualche splendore islamico e il misterioso Carro del Sole del XIII secolo prima di Cristo trovato in Danimarca ai primi del Novecento. Resta miracoloso poter vedere tali straordinarie testimonianze della genialità umana in un'occasione sola. Forse si resta annientati dalla vastità dell'argomento ma non c'è un solo oggetto che non meriti ammirazione o rispetto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
la mostra
La rassegna «Bronze» aperta fino al 9 dicembre alla Royal Academy di Londra
offre una spettacolare celebrazione
del bronzo attraverso
i più grandi capolavori greci, romani, etruschi, medievali, rinascimentali
e barocchi, fino a Rodin, Picasso ed Henry Moore Info: www.royalacademy.org.uk

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