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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2012 alle ore 09:58.

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Ore 16.59 - Guerzoni: le imprese creative chiedono banda larga
«Esiste un'altra Italia che senza uso di fondi pubblici è riuscita comunque negli ultimi anni a produrre cultura, senza guardare al passato ma rimanendo incollata al presente. Protagonista di questa realtà sono state spesso le imprese creative». Lo afferma Guido Guerzoni, del dipartimento Analisi politiche dell'Università Bocconi di Milano, osservando però che queste realtà «non hanno ancora una strutturazione né giuridica né economica». «Non credo negli incubatori pubblici per i progetti culturali e creativi: quello che la gente chiede è avere uno spazio». E sollecita l'utilizzo a fini culturali «a pagamento» degli spazi demaniali, ma anche il superamento del gap infrastrutturale che mantiene la banda larga italiana agli ultimi posti in termini di sviluppo.

Ore 16.45 - Monaci: riscrivere le regole per promozione spettacolo
Esordisce con una battuta polemica Massimo Monaci, direttore del teatro Eliseo, che ospita gli Stati generali: «Se la cultura è così importante, perché i ministri che erano qui questa mattina non sono presenti ai lavori del pomeriggio?». Poi snocciola alcuni dati: nel 2011 gli spettacoli dal vivo hanno avuto 22 milioni di ingressi, e la spesa degli italiani è stata di 185 milioni di euro. In Italia, spiega, «Sono 200mila i lavoratori dello spettacolo: molti di più dei lavoratori Fiat o Alitalia, un colosso dell'economia del Paese per decenni trascurato», cui va solo lo 0,1% del Pil. Con la crisi, «è oggi fondamentale riscrivere le regole». Non solo, sottolinea Monaci: «Serve un tavolo di coordinamento tra i ministeri per lo sviluppo della cultura, ma anche un tavolo permanente tra soggetti pubblici e privati per introdurre regole nuove».

Ore 16.40. Santagata: serve un ministero "per industrie creative"
«Oggi in Italia non esiste una cabina di regia delle industrie creative, le competenze sono disperse. Solo un ministero "per la Cultura" potrebbe fare qualcosa, con una direzione specializzata per le industrie creative». Lo afferma Walter Santagata, docente di economia all'Università di Torino, già membro del Consiglio superiore dei Beni culturali. Purtroppo, oggi il ministero non è adeguato alla missione. Quanto ai fondi per la cultura, «Il settore pubblico non è in grado di sviluppare politiche adeguate per la raccolta di fondi. Non abbiamo la cultura anglosassone del found raising, ma qualcosa possiamo fare», dando spazio all'associazionismo.

Ore 16.30. Belli: una nuova "visione" per lo sviluppo dei musei
«Dobbiamo ritrovare la "visione" anche per i musei umanistici. Cercare cioè un nuovo modello di sviluppo dei musei fondato sulla programmazione e sula partnership pubblico privato. E il privato può essere un partner importante, in questo quadro, partecipando alle decisioni, perché può portare in dote competenze importanti».

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