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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2012 alle ore 08:12.

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Kromer non aveva la minima idea se Renee lo sapesse o meno, o se la sorella avesse raccontato a Renee storie terribili sugli anni di college di Kromer. Ma non poteva chiedere niente a Sarah sulla questione, perché quella sua affermazione l'aveva turbato senza affatto dissipare la sensazione che l'avrebbe ferita se l'avesse trascurata in favore di Renee. La cosa che Kromer voleva davvero ferire era l'immagine che si era guadagnato, di ambasciatore della depravazione. Tenne la bocca chiusa. Se ne andarono in fretta dal parco gelido a rintanarsi in un caffè, dove Kromer propose di ordinare della cioccolata calda, aggiungendo, così sperava, una pennellata di inoffensività al proprio ritratto.

Era per via di Greta con i suoi transessuali in attesa dell'operazione, oppure per l'abisso delle orbite di Kromer? O magari era in realtà più vicino a queste cose di quanto non sentisse? Kromer sapeva bene che c'entrava anche il suo lavoro, il posto in cui era impiegato. Il negozio si chiamava Sex Machines. Lì Kromer vendeva al dettaglio massicci falli viola, fiale di lubrificante extragalattico, sfere d'argento e rosari da inserire in qualche orifizio, delfini di lattice dal becco basculante. Il proprietario del negozio era uno dei maggiori conoscitori e pettegoli della Seconda Avenue, un genio lurido del commercio di strada, che ricordava un riccio. Proprietario di un intero isolato di negozi, era specializzato nell'anticipare anche le mode più recenti, aprendo i suoi bar con caffè finto-etnico, gli empori di videonoleggio e, infine, la boutique erotica.

L'arredo e la merce del Sex Machines copiavano scrupolosamente un famoso negozio di San Francisco, fondato da un collettivo di lesbiche politicamente attive nella promozione del sesso libero ed emancipato. Al posto di un collettivo del genere il proprietario aveva installato Kromer, trasferendolo dal videonoleggio, conferendogli sia l'incarico di direttore che di turnista di notte. Le ore notturne erano quelle che contavano davvero in un'impresa del genere. Kromer, un mago delle vendite, accendeva aggeggi di ogni sorta per fornire dimostrazioni pratiche delle varie velocità disponibili con una schiettezza che dissolveva qualsiasi vergogna. In quegli attimi, egli rappresentava mentalmente se stesso come una Lesbica Concettuale, un termine che aveva inventato ma che non aveva mai né pronunciato ad alta voce, né formulato alcuna definizione sensata. Kromer era quasi sicuro di non aver mai avuto un'erezione lì tra le pareti del negozio.

Quattro fattori. Transessuali pre-operazione, borse sotto gli occhi, Sex Machines, e lo stato dell'appartamento di Kromer. Ben pochi ne avevano visto l'interno, ma era evidente che la voce girava, eccome. Il capo di Kromer, il cui rinomato negozio di video era dotato di scaffali "scelti da noi" corredati di meticolosi commenti scritti, aveva insistito che Sex Machines riproducesse la newsletter del collettivo di San Francisco, una delle particolarità più originali dell'inequivoca amichevolezza di quel negozio. Nella newsletter, i film porno venivano approfonditamente categorizzati, secondo criteri di predilezioni e interessi, e valutati su diverse scale: numero di scene chiave, presenza (o, per fortuna, assenza) di trama, varietà delle performance, eccetera. Sembrava che fosse questo il modo giusto per vendere il porno agli sposati stufi del matrimonio, un pubblico che il principale di Kromer definiva come "Moby Dick".

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