Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2013 alle ore 13:58.

My24

Nazim era un uomo alto e bello, gli piacevano la politica e le donne. Era nato a Salonicco, nella stesssa città di Ataturk, un decennio prima che venisse rioccupata dai greci: mentre Kemal, un ufficiale, era l'umile figlio di un doganiere, educato in un liceo di dommé, gli ebrei convertiti all'Islam, Hikmet, affascinato dal comunismo, apparteneva a una nota famiglia di pasha e intellettuali. Le sue poesie giovanili venivano lette nei comizi kemalisti, ma questo non lo salvò dalla persecuzione.
Costretto a espatriare per motivi politici e per la denuncia della strage degli armeni, riparò in Russia dove frequentò Esenin, Majakowskij e nel '24 montò la guardia alla bara di Lenin. Al ritorno in Turchia fu imprigionato a ripetizione e liberato soltanto nel '50, dopo 12 anni, per intervento di Neruda, Picasso e Sartre, ma dovette di nuovo fuggire attraversando il Bosforo di notte su una piccola barca che rischiò di naufragare. Tornò ancora a Mosca dove sposò, al quarto matrimonio, la giovane Vera Tuljakova e visse l'epoca alla destanilizzazione. Morì il 3 giugno 1963 per un infarto, uscendo di casa al numero 6 della via Pesciànaya a Mosca: pochi giorni prima aveva composto l'ode Il mio funerale.
Nelle prigioni di Bursa scrisse la celebre lirica Alla vita, che sua madre Aisha mandò a memoria in un incontro nella sala visite e poi diffuse al pubblico: «La vita non è uno scherzo. / Prendila sul serio, / come fa lo scoiattolo, ad esempio, / senza aspettarti nulla / dal di fuori o nell'al di là. / Non avrai altro da fare che vivere». Èquesto il comandamento di Nazim Hikmet sempre operoso e in fuga come un agile scoiattolo, anche dietro le sbarre di un carcere o inseguito dalla censura.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi