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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2013 alle ore 09:21.

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Sono tornato dall'Impersonal, anche se facendo capolino nel suo bugigattolo temevo sempre di sorprenderlo con un piatto di fettuccine alla papalina. O, peggio, con un libro-game.
«Passiamo ai pesi?».

Mi ha subito scortato a un arnese per i dorsali: sul conto dei chili c'era scritto 100, 80, 50, 20 e «intellettuale». Intorno, uomini che negavano la propria omosessualità correndoci incontro a botte di anabolizzanti e T-shirt attillate; donne in lotta contro un memento mori chiamato Kinesis2112 e in ultimo, riflesso nello specchio davanti a me – tra i più odiosi – lo scribacchino immusonito.

Un discorso a parte meritava Q8, il benzinaio. Lo chiamavo così perché veniva direttamente in divisa, a volte soltanto per farsi una doccia a metà giornata. Appena entrato, gridava il buongiorno a tutti («belli e brutti»), sproloquiava di calcio-mercato e spesso sulla panca gli scappava un peto. Quando ha saputo che bazzicavo le patrie lettere, mi ha fissato a lungo: «Guarda che le femmine vogliono i piccioli» (era di origine siciliana e alla pompa di benzina il femminismo non aveva attecchito).
Q8 era il meno: il dramma è stato quando nello spogliatoio è comparso lo Scrittore-di-Successo. Opinionista, bestseller, prezzemolo, sembrava arrivare dritto dall'Informazione di Martin Amis per rinfocolare la mia invidia. Non solo mi toccava sorbirne la tracotanza in televisione e nelle classifiche degli inserti letterari, ma sembrava a suo agio in quella suburra quanto Jack London in una palestra di pugilato. Umiliazione sublime: io ho riconosciuto lui mentre lui non ha riconosciuto me. Magra soddisfazione: poter dire, alla verifica del momento-doccia, che il mio ego era più grande del suo.

E così l'ignobile esercizio è diventata un'abitudine, quasi un sortilegio. Tanto che, quando ho marcato visita per un imprescindibile reading mattutino (nel senso che avevo un libro da leggere), il pensiero è svanito come d'incanto. Un giorno dopo l'altro, il tempo se n'è andato e ho rimandato fino a lasciare scadere l'abbonamento. Ho pubblicato la scheda ginnica su Nuovi Argomenti come poesia sperimentale e ho preso le distanze dall'Arcadia, in tutti i sensi.
In testa mi riecheggiavano le parole del caro nonno quando mi aveva messo in guardia contro il fumo.
«Meglio lo sport?», avevo chiesto.
«Quello non fa mai male».
Lì avevo capito perché detestavo farlo.

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